Il presidente della Commissione Pagano: “Non è proprio il massimo del rispetto delle Istituzioni e dei parlamentari che sono qui”.
Roma – Sono lontani, lontanissimi, i tempi in cui il radicale Marco Boato era in grado di intervenire per ore
in aula pur di rallentare l’iter di un provvedimento. Professionista dell’ostruzionismo, raggiunse il record nel 1981 parlando per 18 ore durante l’esame del decreto-legge che modificava le regole sul fermo di polizia. Oggi, nell’era post Covid, anche la pratica del ‘filibustering’ ha cambiato volto. E, grazie alle misure stabilite dalla Giunta per il Regolamento durante la pandemia che consentono ai deputati di partecipare in videoconferenza ai lavori, è andato in scena per ben due giorni in commissione Affari Costituzionali alla Camera un inedito ‘ostruzionismo da remoto’ su uno dei ddl più contestati dalle opposizioni, quello che introduce l’autonomia regionale differenziata.
Nonostante la chiamata alle armi dei presidenti dei gruppi di Pd, M5s e Avs ad occupare tutti gli spazi, a dare battaglia, a fare resistenza contro lo spacca-Italia, moltissimi deputati non romani hanno ceduto alla tentazione di fare le valigie e tornare a casa mercoledì sera, al termine dell’ultima seduta d’aula con votazioni di una settimana cortissima a Montecitorio. D’altronde le misure di ‘smart working’ – che dal primo aprile il Parlamento ha deciso di non prorogare oltre neanche per le categorie più fragili – sono ancora in vigore per i lavori delle commissioni parlamentari di Montecitorio. Dei circa ottanta deputati dell’opposizione iscritti a parlare, circa la metà si collega.
Da casa, dalla passeggiata sotto i portici del centro, dall’automobile (il dem Anthony Barbagallo, ripreso da
Pagano per il collegamento a singhiozzo: “Si vede che è in macchina, noi siamo a Montecitorio”, da chissà dove (“Scusate sono senza video, non mi funziona la telecamera). Un tuffo nel passato recente delle riunioni forzate a distanza per evitare il contagio da Covid. Un lontano ricordo per la maggioranza dei lavoratori che, come si diceva, da tempo ormai non usufruiscono più delle misure per lo smart working semplificato durante la pandemia. Dal primo aprile per tutti, infatti, anche per genitori di under 14 e lavoratori fragili, si è tornati alle norme 2017 sul lavoro agile.
Dal maxischermo alle spalle del presidente della commissione Nazario Pagano (Forza Italia) e del ministro dell‘Autonomia Roberto Calderoli – sempre presenti salvo le brevi pause pranzo, toilette e sigaretta – si osservano faccioni, eleganti librerie, pareti di salotto con quadri a olio. L’ostruzionismo da remoto è
trasversale ai tre partiti dell’opposizione – Pd, Avs e M5s – che più osteggiano il ddl Calderoli. Alla nona ora di dibattito e all’ennesimo deputato iscritto da remoto che non risponde all’appello, Pagano perde la pazienza: “Non è proprio il massimo del rispetto delle Istituzioni e dei parlamentari che sono qui”.
Infatti, a fronte della modalità agile scelta da parecchi colleghi, ci sono fisicamente la presidente dei deputati Pd Chiara Braga, i dem Federico Fornaro, Simona Bonafè, Giuseppe Provenzano, Bruno Tabacci, il capogruppo M5s, Francesco Silvestri, e diversi esponenti pentastellati, il deputato Avs Filiberto Zaratti, il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Per la maggioranza a presidiare oltre a Pagano e Calderoli anche uno dei relatori del testo Paolo Emilio Russo (Fi) e il leghista Alberto Stefani. Quando dopo una giornata intera si chiudono i lavori della commissione, Pagano si sfoga con i giornalisti presenti.
“C’è da riflettere seriamente – dice Pagano – su questo regolamento. Quello che è accaduto in commissione non mi è piaciuto. Abbiamo visto deputati collegarsi da remoto giusto il tempo del loro intervento, senza aver seguito il dibattito perché magari stavano a prendersi lo spritz. Non è rispettoso nei confronti di chi invece è stato in Commissione tutto il tempo della discussione. Da oggi non sono più d’accordo”, tuona lodando invece il ministro Calderoli “che non era obbligato a stare lì invece ha assistito in presenza ai due giorni di discussione. Io ho grande rispetto delle Istituzioni. Non è che le rispetto quando mi fa comodo e non le rispetto quando non mi fa più comodo”.
La capogruppo democratica in commissione, Simona Bonafè, definisce “surreale” l’atteggiamento di Pagano e ribatte: “Invece di puntare il dito contro il regolamento e gli interventi da remoto di alcuni colleghi, Pagano dovrebbe spiegare perché la maggioranza sta imponendo tempi e ritmi serrati su un provvedimento che non ha alcun elemento di urgenza”.