Incastrato da un testimone condizionato dagli inquirenti, l’ex allevatore sardo era stato condannato per la strage di Sinnai dell’8 gennaio 1991.
Roma – “Assolto per per non aver commesso il fatto”: la sentenza che manda finalmente libero Beniamino Zuncheddu arriva con 33 anni di ritardo, durante i quali un innocente, all’epoca dei fatti 27enne, ha consumato una buona parte della sua vita dietro le sbarre. Al termine del processo di revisione, la Corte d’Appello di Roma ha messo la parola fine ad uno dei più eclatanti casi di malagiustizia italiani. I giudici hanno restituito all’ex pastore sardo, oggi 62enne, l’onore, lo hanno liberato dall’infamia, ma non hanno potuto rendergli il suo tempo.
Dopo una camera di consiglio durata alcune ore, la sentenza è stata accolta con un applauso dai tanti presenti in aula, moltissimi arrivati dalla Sardegna, gli stessi che non si erano mai rassegnati alla colpevolezza di Beniamino, che per anni avevano continuato a manifestare per ottenere la revisione del processo. C’era anche Zuncheddu che, visibilmente emozionato, è riuscito soltanto a dire: “Per me è la fine di un incubo”.
Zuncheddu era stato condannato come autore della strage di Sinnai (Cagliari) dell’8 gennaio 1991, in cui furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due. Luigi Pinna, oggi 62 anni, unico superstite della strage, indicò Zuncheddu come il killer colpevole della mattanza, un’accusa arrivata dopo che nell’immediatezza dei fatti lo stesso Pinna aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore degli omicidi perché aveva il viso travisato da una calza.
“In questa vicenda ci sono menzogne durate 30 anni”, ha detto il rappresentate dell’accusa, facendo riferimento proprio al supertestimone Pinna, rimasto in silenzio mentre Zuncheddu marciva in carcere rivendicando inutilmente la propria innocenza. La svolta, infatti, è arrivata soltanto durante una delle udienze del processo di revisione, quando Pinna affermò che nel febbraio del 1991, prima “di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”. Nella requisitoria, riferendosi a Pinna, il procuratore generale non ha usato mezzi termini. “L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu – ha detto -, ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni“.