Arriva l’ordine di rimpatrio europeo: regole comuni per i 27 Paesi membri

La bozza del nuovo regolamento che farà da terreno comune per le decisioni sui migranti, fornendo “chiarezza” per l’intera Unione.

Arriva il nuovo regolamento europeo sui rimpatri, che verrà presentato oggi. La Commissione introduce nell’ordinamento un cosiddetto ‘Ordine di rimpatri europeo’ che introduce la possibilità di rimpatriare le persone nei confronti delle quali è stato emesso un decreto verso un Paese con il quale esiste un accordo o un’intesa, in sostanza centri di deportazione all’estero per i richiedenti asilo respinti. Un testo che farà da terreno comune per le decisioni dei 27 Paesi membri sui migranti, fornendo “chiarezza” per l’intera Unione. È questa una delle maggiori novità che, a quanto si legge nella bozza del regolamento che si compone di 52 articoli ed è direttamente, e obbligatoriamente, applicabile dai singoli Stati membri.

“L’attuale mosaico di 27 diversi sistemi nazionali di rimpatrio, ciascuno con il proprio approccio e le proprie procedure, compromette l’efficacia dei rimpatri a livello Ue“, si legge nell’introduzione del testo. L’articolo 10 del regolamento rimpatri prevede l’istituzione del “divieto d’ingresso” nel territorio dell’Ue alla persona che “non collabora con il processo volontario” di rimpatrio – che scatta per tutti coloro i quali non hanno diritto all’asilo – o non lascia lo Stato membro “entro la data indicata” oppure si sposta in un altro Stato membro “senza autorizzazione”. Il divieto – che arriva ad un massimo di 10 anni – scatta poi anche in base all’articolo 16, ovvero per chi pone “un rischio alla sicurezza” dei Paesi Ue.

Non è la prima volta che la Commissione europea prova a dare un quadro legale ai rimpatri forzosi. Provò, fallendo, anche la Commissione Junker nel 2018. Come all’epoca anche la proposta oggi vuole eliminare le barriere legali in modo che gli Stati membri possano inviare i richiedenti asilo respinti in un altro Paese senza il loro consenso. Iniziative simili sono state prese in passato anche in Australia con Papua, o nel Regno Unito con il Ruanda non riuscendo a mantenere le promesse e imponendo costi enormi ai contribuenti. Ancora aperta è la questione in Italia con i centri in Albania operativi, ma vuoti per l’opposizione dei tribunali. “L’attuale direttiva rimpatri lascia un ampio margine di manovra alle legislazioni nazionali per l’attuazione delle norme Ue e ai tribunali nazionali per la loro interpretazione. Gli Stati membri segnalano problemi legati alla mancanza di chiarezza delle norme e al protrarsi dei procedimenti amministrativi, che compromettono il giusto processo”.

Ciò “crea ambiguità e incertezza per i cittadini di Paesi terzi interessati e per le autorità che gestiscono i rimpatri”, spiega il regolamento Ue (la cui bozza è stata visionata dall’Ansa), secondo il quale inoltre “la mancanza di cooperazione dei cittadini di Paesi terzi, che possono opporre resistenza, fuggire o vanificare in altro modo gli sforzi di rimpatrio, rende difficile l’esecuzione delle decisioni di rimpatrio. Gli Stati membri hanno difficoltà a tenere traccia dei cittadini di Paesi terzi durante le diverse fasi delle procedure di rimpatrio, il che rallenta o impedisce i progressi”.

“La presente proposta – si legge nella bozza – rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, in particolare dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal Patto internazionale per i diritti civili e politici, dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia”. Il nuovo regolamento prevede che un simile accordo debba tenere conto di eventuali cambiamenti delle circostanze nel Paese dove è situato l’hub di rimpatrio. I minori non accompagnati e le famiglie con minori sono esclusi dai rimpatri.

La proposta dovrà ancora passare attraverso il processo di negoziazione, molto lungo, tra il Consiglio e il Parlamento europeo. Resta da vedere come si inserisca nella recente revisione delle norme interne in materia di asilo e migrazione dell’UE.

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