ilgiornalepopolare sanità

Arriva il piano del governo da 600 milioni per tagliare i tempi delle liste d’attesa

Non più fondi a pioggia alle Regioni: il ministero della Salute li assegnerà agli ospedali più critici per evitare disuguaglianze Nord-Sud.

Roma – Arriva il piano del governo per abbattere le liste d’attesa. Un investimento da 600 milioni l’anno da replicare fino a fine legislatura, per sconfiggere il nemico numero uno della Sanità italiana. Basta fondi a pioggia alle Regioni: verranno assegnati agli ospedali con le code più lunghe che potranno spenderli per il lavoro extra del personale o per acquistare le prestazioni dai privati. Un piano straordinario che vede in prima linea il ministro della Salute Orazio Schillaci, che servirà a pagare l’extra lavoro di medici e infermieri ma anche per acquistare dalle strutture private le prestazioni se gli ospedali pubblici non ce la faranno con le loro forze.

Il piano prenderà corpo con un decreto legge che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane, ma sicuramente prima delle elezioni europee di giugno: la Sanità è un punto molto sensibile per gli italiani e per questo la premier Giorgia Meloni lo vede come fiore all’occhiello di una riforma cruciale: “Stiamo lavorando a un provvedimento sulle liste d’attesa, con un’attenzione particolare alle regioni che hanno un’alta mobilità passiva. Ossia – ha spiegato la presidente del Consiglio – quando per curarsi una persona si deve trasferire e la sua regione paga l’altra”.

Il ministro Schillaci ha aggiunto che si tratta di una “priorità del Governo al fine di affrontare un problema annoso della nostra sanità. Il privato convenzionato è certamente parte integrante del nostro Sistema sanitario. La direzione è quella di garantire un’offerta adeguata ai cittadini. A tal fine, serve l’apporto di tutti gli attori coinvolti, la collaborazione dei vari stakeholder e delle Regioni per superare le tante diseguaglianze che costringono spesso alla migrazione sanitaria”.

Sarà il ministero della Salute a stoppare i fondi a pioggia e a redistribuirli a seconda delle esigenze e della domanda di cure, che si è ingigantita dopo l’emergenza pandemia. Il Covid ha eroso quasi tutti i fondi in alcune Regioni. Con il piano verranno assegnati dal dicastero di Schillaci direttamente alla singola Asl dove la coda per una lastra, una tac o un ricovero sono più lunghe come risulterà dall’attento monitoraggio che si sta mettendo in piedi.

La ricetta per tagliare le lunghe attese? Unificare le agende delle prenotazioni degli ospedali pubblici e di quelli privati convenzionati, così i Cup potranno smistare le richieste dei cittadini lì dove c’è il posto (oggi questa unificazione ancora non è a regime in molte parti d’Italia). Un altro ingrediente della ricetta, anche se si vedrà nel medio lungo periodo – ma che può portare risultati molto significativi – è quello della cosiddetta “appropriatezza prescrittiva”. Oggi i medici anche per difendersi da eventuali cause – un fronte sul quale il Governo sta lavorando con la riforma della colpa medica – preferiscono prescrivere un esame o una visita in più per tutelarsi, ma in diversi casi questa prestazione non è davvero necessaria per il paziente.

Ebbene, questa iper prescrizione contribuisce a ingolfare il sistema e quindi ad allungare ancora di più le liste d’attesa. Da qui l’idea di affidare all’Istituto superiore di Sanità il compito, a cui sta già lavorando, di mettere a punto delle linee guida sui percorsi di cura in cui saranno indicate le prestazioni appropriate da prescrivere a cui i medici si dovranno adeguare per limitare inutili sprechi. Le liste d’attesa più lunghe si concentrano soprattutto in alcune aree del Paese e in particolare nel Sud e così i pazienti fanno le valigie soprattutto da Campania, Calabria e Sicilia in cerca di cure negli ospedali di Lombardia, Emilia e Veneto spostando il flusso di denaro soprattutto nel Settentrione.

Per questo l’idea di base del piano non è più quella di distribuire alle Regioni pro-quota i fondi – si parla di 600 milioni l’anno – come è accaduto in passato, quando subito dopo i mesi più duri della pandemia nel 2022 erano stati stanziati 500 milioni per recuperare le liste d’attesa, ma dopo due anni rimanevano da spendere ancora 160 milioni. Stavolta, in base a un monitoraggio chirurgico e dettagliato a livello di singolo ospedale che sarà affidato all’Agenas – l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – si saprà con precisione dove una struttura sanitaria fa più fatica ad assicurare un ricovero, una tac o una lastra (oggi non ci sono dati ufficiali).

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa