La vasta operazione condotta dai carabinieri è ancora in corso.
Napoli – Ogni tipo di minaccia mafiosa o di intimidazione squadrista ad un giornalista deve essere stigmatizzata poiché colpisce il principio della libertà di stampa sancito dall’art. 21 della Costituzione. “…Il giornalismo libero e di qualità è il termometro della democrazia di un Paese…”.
Queste parole appartengono a Gianmario Siani, fratello del giornalista Giancarlo, trucidato la sera del 23 settembre 1985 a Napoli da due sicari della camorra. Oggi però è un giorno diverso e Giancarlo, ovunque si trovi, un sorriso di soddisfazione l’avrebbe fatto.
Stamane i carabinieri del Comando provinciale di Napoli hanno condotto una vasta operazione contro la criminalità organizzata. L’inchiesta ha colpito pesantemente la struttura del clan Polverino e tra gli indagati risultano anche Ciro Cappuccio e Armando Del Core, entrambi condannati all’ergastolo in via definitiva perché esecutori materiali dell’omicidio del cronista. Da quanto emerge dalle indagini le cosche camorriste quali Nuvoletta e, successivamente, Polverino, negli anni hanno continuato a provvedere al sostentamento economico dei consanguinei dei due killer. Questa prassi rientra in quella che comunemente è denominata “lealtà d’onore” che è propria delle organizzazioni criminose.
Tra gli indagati Vincenzo Polverino, reggente dell’organizzazione, e Michele Marchesano, incaricato nella gestione dell’immenso patrimonio immobiliare del clan. Sono state sequestrate anche diverse attività commerciali, tra cui un bar e un centro scommesse a Marano di Napoli. Il valore complessivo delle confische si aggira intorno ai 500.000 euro. Nel complesso sono 37 le misure cautelari in corso di esecuzione (35 arresti e due obblighi di dimora), di cui 16 eseguite a Napoli nei confronti degli affiliati al clan Polverino, e altre 19 (più i 2 obblighi di dimora) a Torre Annunziata, dove le operazioni sono state coordinate dalla Procura locale. Giancarlo Siani stava indagando sempre di più, e bene, sull’intreccio mafia-politica che l’avrebbe portato a divulgare i nomi dei camorristi e dei loro sodali di partito che intendevano spartirsi la Campania. Se qualcuno avesse dei dubbi, meglio chiarirli: nulla è cambiato.