La drammatica storia di Andrea Tonello e della piccola Chantal, sottratta al papà quando aveva 14 mesi e ritrovata dalla polizia ungherese.
Padova – Una storia che ha dell’incredibile quella che emerge dalle parole di Andrea Tonello, che dopo tredici anni di ricerche disperate è finalmente riuscito a riabbracciare sua figlia Chantal. Un caso di sottrazione internazionale di minore che ha tenuto separati un padre e una bambina per oltre un decennio, con un epilogo tanto sperato quanto drammatico nelle sue implicazioni.
Tredici anni di ricerche
L’ultima volta che Andrea Tonello aveva tenuto in braccio sua figlia, Chantal aveva appena quattordici mesi. Da quel momento è iniziata una ricerca che è durata tredici lunghi anni, durante i quali il padre non ha mai smesso di sperare di ritrovarla. “Fino a qualche giorno fa non sapevo neanche dove mia figlia potesse essere”, racconta Tonello, ancora provato dall’emozione del ritrovamento.
La svolta è arrivata grazie al lavoro della polizia ungherese, che ha rintracciato la ragazza a Mezőtúr, un piccolo paese a 150 chilometri da Budapest. Quello che hanno scoperto gli investigatori ha dell’incredibile: Chantal ha vissuto per tutti questi anni come una reclusa nella casa dove abitava con la madre e il compagno della donna.
Una vita di isolamento totale
Il quadro che emerge dalle prime ricostruzioni è agghiacciante. La ragazza, oggi quattordicenne, non ha mai frequentato la scuola, non ha mai giocato con altri bambini della sua età, non ha mai nemmeno passeggiato per strada. “Sabato è entrata in un supermercato per la prima volta in vita sua”, spiega il padre.

Durante tutti questi anni, Tonello aveva immaginato scenari diversi: “Pensavo avesse cambiato nome, che facesse una vita normale celata sotto altra identità. Solo quando sono arrivato in questura ho capito cosa fosse successo. Per più di un decennio ha vissuto reclusa”.
Il primo incontro dopo tredici anni
L’incontro tra padre e figlia, dopo così tanto tempo e in circostanze così particolari, non poteva che essere difficile. Chantal ha reagito con una chiusura totale, ripetendo solo “nem, nem, nem” – “no” in ungherese. Una reazione comprensibile, spiega Tonello, considerando che “per anni la madre l’ha messa in guardia da me, le diceva di non uscire di casa perché l’avrei trovata e portata via”.
Ancora più inquietante è il modo in cui la madre avrebbe manipolato la bambina: “Usava i social per mostrarle la mia vita – Chantal sa tutto: di avere una sorella, dove abito, i miei cani, come si chiamano – per dipingermi come un orco”.
Una scelta difficile ma necessaria
Di fronte alla fragilità psicologica della figlia, Tonello ha dovuto prendere una decisione difficile. Nonostante legalmente avesse il diritto di riportarla con sé, ha scelto diversamente: “Avrebbe significato caricarla di peso in auto e questo avrebbe messo ancora più a rischio il suo già fragile equilibrio psicologico”.
L’alternativa di affidarla a una casa famiglia ungherese non era praticabile: “Sono luoghi sovraffollati, insalubri e lei non ha mai avuto contatti con i suoi coetanei”. La soluzione trovata è stata quella di affidarla temporaneamente alla nonna, con il supporto di un’assistente sociale che monitora la situazione.
I primi segnali di apertura
Il secondo incontro, questa volta a casa della nonna, è andato meglio. Tonello ha portato alcuni regali alla figlia: “Libri perché mi hanno detto che ama leggere, una card per comprare dei vestiti, un pupazzetto. Mi ha ringraziato”. L’atteggiamento era sempre distaccato ma non più di totale chiusura.
“Le ho detto che le scriverò dei messaggi e che spero prima o poi lo faccia anche lei, l’ho solo pregata di non bloccarmi”, racconta il padre, che ha già programmato di tornare in Ungheria durante la settimana, sperando “magari di mangiare una pizza tutti insieme lì a casa loro”.
La lunga strada verso la guarigione
Tonello è consapevole che il percorso sarà lungo e difficile: “So che ci vorranno tempo e pazienza”. C’è anche il timore che la figlia possa sparire di nuovo: “Il rischio c’è, ne sono cosciente. Ma era l’unico modo”.
Nonostante tutto quello che è accaduto, il padre dimostra una straordinaria maturità: “Non odio Klaudia (la madre), ma per me lei è solo un libro chiuso. Voglio solo pensare a mia figlia”.