Le rivolte nei penitenziari non si arrestano, da Milano a Agrigento. E a Vercelli i radicali denunciano Nordio per il sovraffollamento.
Cuneo – Non si arresta il clima di rivolta che ha invaso le carceri italiane e che nella lunga estate calda ha avuto un’impennata. Questa volta teatro dei disordini è stato il penitenziario di Cuneo: due agenti di polizia penitenziaria sono rimasti ustionati dopo essere stati colpiti con olio bollente da alcuni detenuti. Durante i disordini scoppiati nella struttura, i reclusi hanno scaldato l’olio in pentolini da cucina. Le ferite degli agenti sono state dichiarate guaribili in 10-15 giorni. I disordini sarebbero iniziati nella prima sezione del padiglione ordinario. L’olio, utilizzato per cucinare, è stato gettato anche verso altri detenuti, che a loro volta sono stati medicati nell’infermeria del carcere. In seguito è nata una violenta zuffa e quando gli agenti sono intervenuti per separare i detenuti è stato lanciato nuovamente l’olio bollente.
“A Cuneo la situazione è fuori controllo ed è identica a quella di altre strutture italiane. Non riusciamo però a comprendere come mai nessuno intervenga, l’amministrazione centrale è silente e lascia il personale abbandonato a se stesso”, ha dichiarato Leo Beneduci, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Osapp. Non è la prima volta che si registrano disordini nel penitenziario di Cuneo. Aggressioni nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria si sono registrate già a luglio e a marzo di quest’ anno. Nel dicembre del 2023, tre agenti furono ricoverati a seguito dell’aggressione da parte di un detenuto.
Solo ieri la notizia della rivolta nel carcere minorile milanese Beccaria, la punta dell’iceberg di una situazione incandescente degli istituti di pena italiani più volte al centro di denunce e polemiche politiche. Nonostante l’approvazione del decreto carceri che puntava a disinnescare la “bomba” esplosa dietro le sbarre, da Nord a Sud, le cronache quotidiane raccontano di un sistema ormai al collasso. E mentre al Beccaria si vedevano scene da far west, a Agrigento c’era un’altra rivolta. Una situazione che ha spinto i radicali italiani, a una nuova denuncia contro il ministro della giustizia, Carlo Nordio: verrà presentata alla procura di Vercelli per il sovraffollamento del carcere cittadino.
Lo ha annunciato il tesoriere, Filippo Blengino, in un comunicato. “Dopo alcune ulteriori verifiche e approfondimenti – si legge – abbiamo appurato che, al contrario di quanto avevamo appreso, a fronte di una capienza di 230 posti, i detenuti sono 264. Un numero che denota un tasso di sovraffollamento non irrilevante se si considera che sono in corso dei lavori di ristrutturazione che rendono inagibili numerose celle”. “Crediamo – prosegue la nota dei Radicali – che l’omissione di atti per contrastare la condizione disumana e degradante in cui versano le carceri costituisca un reato, più specificamente quello di tortura. A Vercelli il direttore, gli educatori e il personale stanno facendo molto, con scarsi strumenti, per colmare delle intollerabili carenze e difficoltà. Ma resta il fatto che qui, come altrove, lo Stato ha una concezione di pena che viola in modo sistematico la Costituzione”.
Per rispondere all’emergenza delle carceri italiane, il ministro Nordio ha annunciato un piano di interventi. “Solo nel 2024 abbiamo stanziato 10,5 milioni di euro aggiuntivi, più che triplicato il budget previsto in bilancio di euro 4,4 milioni, per uno stanziamento totale di euro 14,9 milioni”, ha precisato il ministro. Il progetto targato Nordio si affiancherà alla ricognizione sugli interventi di edilizia penitenziaria in corso e da attuare, a partire degli otto nuovi padiglioni previsti dal Pnrr, con la realizzazione di altre 640 camere detentive e spazi trattamentali. Stime ufficiali sul numero dei detenuti che potrebbero essere trasferiti nelle caserme dismesse per ora non ce ne sono ma si tratterebbe di alcune migliaia sulle oltre 57mila persone ristrette nelle carceri. I singoli provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria contatteranno Demanio e ministero della Difesa a livello territoriale per una ricognizione delle caserme disponibili, in vista di un piano nazionale.