Tragedia sul Pik Pobeda: alpinista milanese muore cercando di salvare la compagna di cordata

Luca Sinigaglia, 49 anni, ha perso la vita a 7.000 metri in Kirghizistan mentre tentava di soccorrere la scalatrice russa ferita. La donna è bloccata in una situazione disperata: senza radio, con una gamba rotta e scorte di cibo estremamente limitate. Soccorsi impossibili a causa delle condizioni meteo.

Milano – È morto tra i picchi del Kirghizistan Luca Sinigaglia, alpinista milanese di 49 anni, esperto di alta montagna. E lo ha fatto in modo eroico: tentatando di salvare la compagna di cordata gravemente infortunata sul Pik Pobeda (7.439 metri), al confine con la Cina. Sinigaglia sarebbe deceduto a causa di un edema cerebrale da alta quota, aggravato da congelamento.

La compagna di scalata, l’alpinista russa Natalia Nagovitsyna (47 anni), è ancora viva ma al momento è ancora bloccata a quota 7.150 metri, dove è ferma da quasi dieci giorni. Una situazione disperata la sua: senza radio, con una gamba rotta e scorte di cibo estremamente limitate. Le operazioni di soccorso sono tuttora in corso, come riportato dalla giornalista Anna Piunova, direttrice del portale mountain.ru, che sta seguendo la vicenda giorno per giorno sui social. La notizia della morte di Sinigaglia è stata rilanciata dai media locali kirghizi e dal canale Telegram russo Mash, oltre che dal portale del Cai “Lo Scarpone”, e riprese dall’Ansa.

Secondo le ricostruzioni, il 12 agosto Nagovitsyna si era infortunata mentre scendeva dal Pik Pobeda insieme a Sinigaglia e ad altri due alpinisti, un russo e un tedesco. Il giorno successivo, i compagni erano riusciti a portarle una tenda, un sacco a pelo e beni di prima necessità. Durante i tentativi di soccorrerla, Sinigaglia ha perso la vita.

Il 16 agosto un elicottero Mi-8 della Difesa kirghisa aveva tentato un salvataggio, ma le condizioni meteo estreme avevano costretto a un atterraggio di emergenza a quota 4.600 metri. I soccorritori, feriti nello schianto, sono stati trasferiti a Karakol, ma nessuno è in pericolo di vita. Il 19 agosto, grazie a un drone, è stato confermato che Nagovitsyna è ancora viva. Un team di ricerca ha raggiunto quota 5.800 metri e punta a salire fino a 6.400 metri nelle prossime ore, sfruttando previsioni meteo favorevoli.

Nagovitsyna, riporta l’Ansa, aveva già vissuto un’esperienza drammatica nel 2021, quando il marito Sergej morì sul Khan Tengri (7.010 metri) a causa di un ictus fatale. Fu Sinigaglia a conoscerla in quell’occasione, fermandosi a prestare soccorso e riportando al campo base Natalia mentre il marito non ce l’aveva fatta. Da allora, i due alpinisti mantenevano contatti regolari e si incontravano periodicamente su varie vette nel mondo.

Il corpo di Sinigaglia è attualmente bloccato in una caverna di ghiaccio a 6.900 metri, mentre per Natalia c’è ancora la speranza di un salvataggio. L’alpinista era scapolo, senza figli, e lavorava nel settore della cybersicurezza, con la passione per le avventure estreme.

L’Ambasciata d’Italia ad Astana, in coordinamento con il console onorario a Bishkek, segue la vicenda in contatto con le autorità locali e i familiari. La sorella di Luca, Patrizia Sinigaglia, lo ha definito un uomo di grande coraggio: «Siamo disperati, ma possiamo aggrapparci alla consapevolezza che lui non avrebbe mai lasciato indietro nessuno». Sui social, Luca è già stato definito un “eroe”, celebrato per il suo gesto di solidarietà e coraggio in montagna.

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