Rischiava 14 anni per omicidio ma il pm ha atteso la pronuncia della Corte Costituzionale per poter applicare le attenuanti e il minimo della pena.
Torino – Condannato a sei anni, due mesi e venti giorni Alex Pompa, il ragazzo che uccise il padre, Giuseppe, la sera del 30 aprile di tre anni fa nella loro casa di Collegno, per difendere la madre dalla violenza dell’uomo a cui l’intera famiglia era sottoposta da anni. La sentenza della Corte di assise d’appello arrivata in mattinata era scontata, il verdetto di colpevolezza già stabilito, restava invece da calcolare per quanto tempo il ragazzo dovesse ritornare in carcere. Con l’applicazione del minimo della pena e le attenuanti del caso Alex andrà in carcere ma soltanto per pochi mesi, meno di un anno.
La vicenda processuale di Alex, il ragazzo ha deciso di rifiutare il cognome Pompa del padre per assumere quello Cotoia della madre, si era trasformata in un caso etico ancor prima che giuridico. Assolto in primo grado per legittima difesa, il secondo grado aveva ribaltato il verdetto ritenendo troppe le 34 coltellate inferte con sei coltelli diversi dal ragazzo al padre per non ravvisare l’omicidio volontario. Alex rischiava 14 anni di carcere, uno sproposito per lo stesso pm che aveva sostenuto la sua colpevolezza, impossibilitato a chiedere le attenuanti generiche e la provocazione in seguito alla riforma del codice rosso, che imponeva di non poter applicare attenuanti a chi avesse ucciso un proprio congiunto.
Così il processo aveva subito uno stop in attesa che si pronunciasse la Corte Costituzionale, che il 30 ottobre aveva stabilito che la norma dovesse essere modificata sul punto: da qui la possibilità di rimodulare al ribasso la pena di Alex e la conseguente sentenza.