La perizia della criminologa Roberta Bruzzone delinea una donna fredda, calcolatrice e centrata solo su sé stessa.
Milano – Nel processo d’appello per la morte della piccola Diana, abbandonata dalla madre per giorni in casa da sola a soli diciotto mesi di vita, è intervenuta la criminologa Roberta Bruzzone in qualità di consulente della famiglia Pifferi, costituitasi parte civile. La sua analisi traccia un profilo psicologico di Alessia Pifferi molto diverso da quello sostenuto dai legali della donna, attualmente detenuta nel carcere milanese.
Mesi addietro, dall’istituto penitenziario era trapelata la notizia che la donna intendesse convolare a nozze con una compagna di detenzione, chiedendo alla propria avvocata Alessia Pontenani di presenziare alla cerimonia come testimone. In quell’occasione la legale aveva anche sollecitato un nuovo accertamento psichiatrico sulla propria assistita, effettuato lo scorso agosto e nuovamente discusso durante l’udienza odierna presso il tribunale meneghino.
L’esame aveva evidenziato un deficit intellettivo di entità limitata, senza però riscontrare patologie tali da compromettere la capacità di discernimento della Pifferi al momento della tragedia. Partendo da questi risultati, Bruzzone ha esposto in aula la propria valutazione: “È pienamente capace di valutare i propri bisogni rispetto a quelli altrui. Non esiste alcun conflitto interiore, perché la sua struttura psicologica ruota esclusivamente attorno alle proprie necessità”.
Secondo la criminologa, per la donna “le altre persone non rivestono alcuna importanza reale, nemmeno la figlia, ma non per mancanza di consapevolezza. Quando trova appagamento emotivo, tutto il resto diventa secondario, inclusa la bambina”.
I professionisti incaricati dalla difesa hanno invece ribadito la presenza di un disturbo cognitivo, citando come elemento probante l’episodio del parto avvenuto nel bagno domestico, dato che la Pifferi aveva dichiarato di non essersi resa conto dello stato di gravidanza. Gli psicologi della difesa sostengono che “chi sperimenta una gravidanza non riconosciuta o negata presenta generalmente caratteristiche riconducibili a deficit mentale, un distacco dalla realtà” che confermerebbe “un innegabile deficit cognitivo” e “la prevalenza dei bisogni emotivi su ogni altro tipo di valutazione”.
Bruzzone respinge categoricamente questa interpretazione: “Non ha nulla a che vedere con le capacità intellettive della signora Pifferi, si tratta di narcisismo: le persone intorno a lei servono unicamente a rispondere ai suoi bisogni, si gratifica esclusivamente attraverso le cure e le attenzioni che riceve dagli altri”.
La consulente ha quindi ripercorso i giorni della tragedia: “Mentre la figlia agonizzava ha mentito alla madre e al compagno, è uscita di casa portando con sé una valigia contenente trenta abiti eleganti, ha lasciato nell’abitazione acqua e cibo insufficienti per poi accusare il compagno. Al suo rientro spalanca immediatamente le finestre e lava il corpo senza vita della bambina. All’arrivo delle forze dell’ordine, si preoccupa esclusivamente di se stessa”. La conclusione dell’esperta è netta: “È una persona che mente in modo compulsivo”.