Condannato per l’omicidio della sorella Alice l’uomo è stato aggredito da due marocchini ubriachi. Dopo un delicato intervento chirurgico è in coma farmacologico.
SANREMO (Imperia) – Rimane in coma farmacologico Alberto Scagni aggredito a calci e pugni in carcere da due detenuti marocchini. L’uomo, 40 anni, è stato condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione per l’omicidio della sorella Alice, 34 anni, mamma di un bambino, colpita a morte in strada con 17 coltellate il primo maggio 2022.
Scagni, la sera del 22 novembre scorso, è rimasto vittima di un’aggressione all’interno del penitenziario di Valle Armea ad opera di due marocchini che prima di ridurlo in fin di vita lo avevano sequestrato nella cella che dividevano in comune per poi massacrarlo di botte sino a sbattergli in testa uno sgabello metallico. I due balordi, condannati per violenza sessuale aggravata e ubriachi fradici per aver ingerito alcol ricavato dalla fermentazione della frutta, avrebbero teso un agguato a Scagni costringendolo in cella dove successivamente è stato rinvenuto privo di sensi dal personale penitenziario.
Per ridurre all’impotenza i due delinquenti un poliziotto ha riportato la frattura di due costole ed è stato refertato con 21 giorni di prognosi mentre Scagni, trasferito d’urgenza in rianimazione al Borea di Sanremo, veniva sottoposto a delicato intervento chirurgico durante il quale i medici hanno dovuto ricostruirgli il naso e operarlo alla laringe, rimasta lesionata. L’assassino di Alice, all’epoca dei fatti dichiarato seminfermo di mente, ha riportato anche un politrauma piuttosto esteso ed attualmente versa in condizioni gravi con prognosi riservata. Il 27 novembre scorso i sanitari avrebbero dovuto risvegliarlo dal coma indotto dai farmaci ma le condizioni del paziente non l’hanno permesso. Scagli era già stato picchiato a sangue nel carcere Marassi di Genova per mano di un detenuto che aveva trovato un ritaglio di giornale che parlava dell’omicidio di Alice dunque ora come allora si pensa che entrambi le aggressioni abbiano per movente quel terribile femminicidio.
Ma a tal proposito le indagini sono ancora in corso. I due aggressori sono stati trasferiti in altra casa circondariale e denunciati per tentato omicidio, sequestro di persona, devastazione, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Nel frattempo i legali del mentecatto accoltellatore, avvocati Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi, hanno presentato un esposto alla Procura di Imperia in cui scrivono che il loro assistito, come già detto dichiarato in sentenza seminfermo di mente, “non avrebbe dovuto rimanere in una cella con altre due persone”. I genitori del detenuto, Graziano Scagni e Antonella Zarri, erano assurti agli onori delle cronache, oltre che per l’odioso omicidio della figlia, anche per aver contestato alle istituzioni pubbliche l’inefficienza di un sistema che se avesse funzionato a dovere, forse, avrebbe evitato il delitto.
I coniugi Scagni seguono la sorte del figlio con trepidazione e grande sofferenza reiterando le accuse:
”Uno Stato che lascia massacrare per due volte consecutive un detenuto e che non fa nulla per proteggerlo, destinandolo alla morte certa, non è uno Stato civile degno di questo nome – dicono papà Graziano e mamma Antonella – Nostro figlio Alberto prima o poi verrà ucciso. A noi, già privati di due figli, non resta che dedicarci al nostro nipotino Alessandro, che ha perso sua madre e che merita tutto l’amore del mondo”.
In effetti un qualche provvedimento di protezione occorreva prenderlo in tempo per un recluso considerato con gravi problemi psichiatrici dimostrati con relativa perizia collegiale e allegati alla sentenza di condanna ai fini del computo della pena:
“Può apparire complottistico ciò che diciamo – aggiungono i coniugi Scagni – ma tollerare questa violenza sembra quasi una vendetta indiretta per il fatto che abbiamo denunciato i poliziotti e le strutture di igiene mentale che non intervennero a fermare nostro figlio Alberto quando minacciava di uccidere sua sorella. Il massacro di nostro figlio operato da maghrebini drogati e ubriachi sembra quasi un delitto su commissione, o comunque consentito e tollerato dal sistema carcerario. Queste non sono cose da Paese civile, il ministro Nordio dovrebbe intervenire…”. Intanto Alberto Scagni è costantemente monitorato dal personale medico di rianimazione e terapia intensiva che lo ha in cura.