Le perizie medico-legali contraddicono la tesi del suicidio: il marito Leonardo Magri accusato di omicidio aggravato.
Bologna – La Corte d’Assise ha dato inizio al processo che vede alla sbarra Leonardo Magri, 64 anni, accusato dell’omicidio della moglie Daniela Gaiani. La donna di 58 anni fu rinvenuta senza vita nella propria abitazione di Castello d’Argile il 5 settembre 2021.
Secondo la ricostruzione della Procura, guidata dal pm Nascimbeni, quello che sembrava un suicidio sarebbe in realtà un femminicidio accuratamente orchestrato. L’imputato, attualmente libero e assistito dall’avvocato Ermanno Corso, avrebbe ucciso la consorte perché rappresentava un impedimento alla sua relazione extraconiugale con una donna più giovane.
Gli elementi probatori raccolti dagli inquirenti dipingerebbero un quadro ben diverso dalla scena del crimine iniziale. Le analisi autopsi hanno rivelato che Daniela Gaiani è deceduta per strangolamento e non per asfissia meccanica, come ci si aspetterebbe in caso di impiccagione.
Cruciale si è rivelata la perizia tossicologica: nel sangue della vittima sono stati rilevati livelli elevati di alcol e benzodiazepine che, secondo gli esperti, avrebbero reso fisicamente impossibile alla donna compiere autonomamente il gesto estremo. La quantità di sostanze psicotrope presente nell’organismo era tale da impedire qualsiasi coordinazione motoria necessaria per stringere la corda al collo.
Ulteriori dubbi emergono dall’esame della fettuccia utilizzata: secondo i rilievi del RIS, il materiale non presenterebbe le tipiche “aree stressate” che si verificano durante un effettivo strangolamento, suggerendo una messa in scena successiva al decesso.
Gli investigatori ipotizzano che l’omicidio possa essere avvenuto in soggiorno, sul divano, piuttosto che nella camera da letto dove è stato scoperto il corpo. Questa teoria troverebbe riscontro nella posizione innaturale degli arti superiori della vittima e in una testimonianza chiave dell’amante di Magri.
La donna, supportata dalla deposizione di un’amica, ha infatti riferito che l’imputato, durante la telefonata in cui le comunicava la tragica scoperta, avrebbe dichiarato di aver trovato la moglie sul divano del soggiorno, per poi cambiare versione nei successivi interrogatori.
Nel procedimento si sono costituite parti civili la famiglia della vittima – genitori, fratello e sorella – rappresentati rispettivamente dagli avvocati Valentina Niccoli e Daniele Nicolin, oltre all’Associazione “La Caramella Buona Onlus” con l’avvocata Barbara Iannuccelli.
La difesa dell’imputato ha annunciato l’intenzione di consultare esperti in analisi chimiche e prove tessili per confutare le accuse, mentre l’accusa ha già individuato 47 testimoni da citare, contro i 35 della difesa.