L’aguzzino, per motivi di salute, potrebbe tornare a casa ma i genitori della vittima non ci stanno:”… Siamo noi genitori di figli ammazzati che stiamo scontando l’ergastolo al posto degli assassini…”. In caso di bisogno i detenuti possono essere curati adeguatamente nelle strutture sanitarie penitenziarie qualora ne avessero bisogno sul serio.
ALATRI – Nonostante il recente decreto del ministro di Grazia e Giustizia per il rientro in carcere di boss e criminali comuni, sono in molti i parenti delle vittime che potrebbero vedersi trasferiti ai domiciliari gli assassini dei propri cari. Il mese scorso era tornato a casa, tanto per citarne uno, Gabriele De Filippi, l’assassino della professoressa Gloria Rosboch. I familiari della povera insegnante di Lingue trucidata dal suo ex alunno e da un suo complice e poi gettata in una cisterna il 13 gennaio 2016, avevano commentato con l’amaro in bocca la scarcerazione dell’aguzzino risultato positivo al Covid-19 dunque posto ai domiciliari in quarantena.
I tribunali di Sorveglianza dovranno prendere atto del nuovo provvedimento del ministro Alfonso Bonafede e controllare per bene le patologie che, come il Covid, potrebbero tranquillamente essere curate all’interno delle infermerie delle carceri dove insistono ambulatori specialistici molto efficienti. Fra i delinquenti che rischiano di tornare nella propria abitazione per motivi di salute ci sarebbe anche Marco Di Muro, 29 anni, l’assassino di Federica Mangiapelo, la ragazza di 16 anni morta ammazzata nel lago di Bracciano e ritrovata cadavere l’1 novembre 2012. Non appena appresa la notizia il padre della vittima ha manifestato il proprio dissenso:
”… 14 anni per un omicidio sono già una cosa ridicola – – da padre sono molto adirato, avrei voluto l’ergastolo per lui. Siamo noi genitori di figli ammazzati che stiamo scontando l’ergastolo al posto degli assassini. Ribadisco la mia contrarietà alla proposta del legale di Di Muro. Non si è mai pentito è giusto che rimanga in carcere…”.
Marco e Federica si conoscono in casa di amici. Lui, originario di Formello, ha 24 anni e fa il barista. Nonostante siano tanto diversi la ragazzina aveva deciso che quel ragazzo introverso e insicuro sarebbe diventato l’uomo della sua vita. Dopo un breve periodo di tranquillità, però, il loro rapporto si incrina. Marco si arrabbia spesso con la ragazza specie quando non fa ciò che le dice. Insomma vorrebbe “educarla” alla sua maniera ovvero a rispondere sempre di sì alle sue richieste. Quando Federica si rifiuta lui la penalizza in qualche maniera anche brutale.
Arriva anche ad aggredirla se la ragazza non risponde ad un sua effusione. Le vieta anche di uscire o di iscriversi in una scuola professionale. Federica si accorge che quel ragazzo non fa più per lei ma ha paura di dirglielo e quando lui non la cerca è lei a chiamare il suo Marco a telefono. La notte di Halloween del 2012 Federica scompare da casa come un fantasma. I due avrebbero partecipato ad una festa fra amici e poi si sarebbero diretti verso il lago di Bracciano, in territorio di Anguillara Sabazia, in una zona isolata. In riva al lago i due avrebbero iniziato a litigare. Forse Federica aveva confessato a Marco il suo desiderio di chiudere quel rapporto malato. Marco, a questo punto, l’avrebbe afferrata per la testa e spinta sott’acqua sino a farle toccare il fondale.
Federica avrebbe tentato di difendersi ma dopo pochi minuti la ragazza affogava e Marco si dava alla fuga tentando di cancellare ogni traccia dell’omicidio. La mattina dopo i carabinieri ritroveranno il cadavere di Federica e, sulle prime, pare avessero ipotizzato un annegamento da malore. Dopo più approfondite indagini e a seguito del reperto autoptico gli inquirenti scopriranno che Federica è morta ammazzata: nei suoi polmoni ci sono tracce di alghe che la ragazza avrebbe inspirato nel tentativo di uscire la testa dall’acqua. I carabinieri fermano Marco Di Muro che, a caldo, si dichiara innocente.
Poi crolla ma non dirà quasi nulla, men che meno i particolari della tragedia e sceglierà il giudizio abbreviato per poter contare sullo sconto di pena. In primo grado il giovane verrà condannato a 18 anni di carcere ma in Appello il collegio giudicante riterrà opportuno ridurre la pena a 14 anni, confermati poi in Cassazione. In carcere potrebbe essere adeguatamente curato qualora ne avesse bisogno sul serio.