Affidamento in prova per la docente condannata per atti sessuali su minore

Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze ha concesso la misura alternativa alla detenzione alla 34enne che ebbe una relazione con uno studente.

Firenze – Una seconda possibilità fuori dal carcere per la professoressa pratese al centro di uno dei casi di cronaca giudiziaria più discussi degli ultimi anni. La 34enne, madre del bambino nato nel 2018 dalla relazione con un suo studente minorenne, ha ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali dopo aver scontato parte della condanna definitiva a sei anni e cinque mesi nel penitenziario di Sollicciano.

La svolta giudiziaria arriva a distanza di alcuni mesi dal primo rifiuto opposto dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze, che nel febbraio scorso aveva bocciato una richiesta analoga giudicando inadeguata la capacità della donna di riconoscere pienamente le proprie responsabilità. Il cambio di rotta dei magistrati si basa sulla valutazione di un processo di maturazione personale avvenuto durante il periodo di detenzione, ritenuto ora sufficientemente solido per giustificare un reinserimento controllato nella società.

Il nuovo status giuridico della condannata prevede un inserimento lavorativo programmato che la vedrà impegnata inizialmente in una borsa lavoro trimestrale presso un ente del terzo settore. Superata questa fase di prova, la donna dovrebbe essere assunta come operatrice socio-sanitaria part-time, dedicandosi all’assistenza domiciliare di persone fragili sotto il controllo costante delle autorità competenti.

La complessa vicenda personale e giudiziaria della professoressa affonda le radici nel periodo compreso tra il 2017 e il 2019, quando la donna svolgeva attività di tutoraggio privato in lingua inglese per aiutare il ragazzo nella preparazione dell’esame di licenza media. La relazione, iniziata quando il giovane aveva appena 13 anni, si è evoluta nel tempo fino alla nascita del figlio, evento che ha poi portato alla scoperta dei fatti e all’avvio dell’iter giudiziario conclusosi con la sentenza definitiva della Cassazione.

Il team legale che assiste la donna ha accolto con favore la decisione del tribunale, sottolineando come la propria assistita abbia dimostrato serietà nel seguire il percorso riabilitativo prescritto dall’autorità giudiziaria. Secondo i difensori, la fase che si apre ora rappresenta un’opportunità cruciale non solo per il reinserimento sociale della condannata, ma anche per la ricostruzione dei rapporti familiari, in particolare quello con il figlio nato dalla relazione oggetto del procedimento penale.

L’affidamento in prova comporta una serie di vincoli e obblighi il cui rispetto sarà monitorato dall’Ufficio esecuzione penale esterna. Il programma di reinserimento dovrà essere seguito con scrupolo assoluto, poiché qualsiasi violazione delle prescrizioni potrebbe determinare la revoca immediata del beneficio e il ritorno in carcere per l’espiazione del resto della pena.