A volte ritornano… Salvini e il Ministero dell’Interno

Il vicepremier non esclude un secondo mandato. Dopo l’assoluzione in Cassazione: “Confermato un principio a tutela degli italiani”.

Matteo Salvini lascia aperta la porta a un possibile ritorno al ministero dell’Interno dopo le prossime elezioni politiche. Intervenendo ai microfoni di RTL 102.5, il leader della Lega ha risposto affermativamente a chi gli chiedeva se fosse interessato a riprendere l’incarico che ricoprì nel primo governo Conte.

“In questo momento la mia priorità è diversa”, ha precisato il vicepremier, illustrando l’attività in corso al dicastero delle Infrastrutture: “Abbiamo attualmente cantieri attivi per un valore di 236 miliardi in tutto il Paese, tra progetti stradali, autostradali, ferroviari, portuali e aeroportuali. Sono determinato a portare a termine quello che ho iniziato, perché si tratta di un ministero cruciale”.

Guardando però al futuro, Salvini non ha escluso scenari diversi: “Qualora gli elettori decidessero di riconfermarci nel 2027, gestire tematiche come la sicurezza pubblica, il contrasto alla criminalità organizzata, lo spaccio di sostanze stupefacenti e il traffico illegale di migranti è certamente un compito che ho svolto con risultati apprezzabili quando ero al Viminale. Sarei pronto a riassumere quella responsabilità“.

Le dichiarazioni arrivano all’indomani della pronuncia della Corte di Cassazione che ha confermato definitivamente la sua assoluzione nella vicenda Open Arms, il caso giudiziario che lo vedeva accusato di sequestro di persona per aver ritardato lo sbarco di migranti soccorsi in mare durante il suo mandato ministeriale.

Commentando la sentenza, il segretario del Carroccio ha sottolineato: “Non si trattava di un comportamento criminale, e non sto chiedendo riconoscimenti particolari. Stavo semplicemente svolgendo le funzioni del mio ruolo istituzionale. La decisione della Suprema Corte ha stabilito un principio importante per la tutela dei cittadini italiani, delle nostre forze di polizia e di tutte quelle persone che quotidianamente subiscono le conseguenze dei reati commessi da chi si trova irregolarmente sul territorio nazionale”.

Salvini ha poi colto l’occasione per rispondere alle polemiche politiche seguite alla sentenza: “Comprendo il disagio di chi nelle opposizioni auspicava un esito diverso. Ma i referendum sulla riforma della giustizia non riguardano le vicende giudiziarie dei politici, riguardano le criticità del sistema nel suo complesso. Vale la pena ricordare che negli ultimi anni oltre 32 mila persone in Italia hanno subito detenzioni che si sono poi rivelate ingiuste”.