La clamorosa protesta stamani al camposanto: stanchi di aspettare la burocrazia, i parenti hanno preso in mano le pale e si sono dati da fare da soli. “Nulla è stato fatto. Ci sentiamo traditi”.
Napoli – Era il 5 gennaio del 2022 quando nel cimitero napoletano di Poggioreale si verificò il primo crollo. Due congreghe, quella di San Gioacchino e quella dei Dottori Bianchi, per un totale di 300 loculi, precipitarono a terra. Quindi pochi mesi dopo, il 17 ottobre 2022, un secondo cedimento, stavolta dei quattro piani della Congrega della Resurrezione. Uno spettacolo doloroso e raccapricciante: file di loculi distrutte, decine di bare sospese in bilico nel vuoto o cadute a terra, persino salme esposte e visibili a tutti, senza nessuna protezione. Per entrambi i cedimenti la causa indicata dai tecnici del Comune fu lo svuotamento di una falda acquifera dovuto ai lavori della metropolitana 1 che passa proprio lì, vicino al camposanto. Due episodi diversi però, e apparentemente senza correlazione vista la distanza di circa 300 metri che separa le due aree oggetto del crollo.
Oggi, a tre anni esatta di distanza dal primo disastro, i familiari dei defunti, stremati dello stallo burocratico, hanno divelto transenne e teloni di protezione e hanno cominciato a scavare alla ricerca dei resti dei loro cari. Una forma di protesta tanto eclatante quanto amara nei confronti dell’immobilismo, dei tira e molla e dei rimpalli di responsabilità che hanno ulteriormente funestato una situazione già di per sé tragica, paradossale e inaccettabile.
A capitanare l’azione è Pina Caccavale, presidente del comitato “Crollo 5 gennaio 2022 – Insieme per non dimenticare”, che ha radunato i parenti e due giorni fa aveva annunciato di voler passare alle vie di fatto. “Mi porterò un cartello con scritto ‘Cercasi Manfredi‘. Siamo stati abbandonati”, ha denunciato all’agenzia Dire, preannunciando il blitz di stamani: “Domenica – ha detto – noi del comitato andremo nel luogo del crollo e, se ce ne sarà bisogno, con pale e picconi ci riprenderemo le salme dei nostri cari non ancora recuperate. Se pensano che ci arrendiamo si sbagliano”.
Il calvario dei familiari è iniziato all’indomani di quel drammatico 5 gennaio 2022 ed è stata – anzi è – una vera e propria “via Crucis”, di cui ancora non si intravede la fine. Nel luglio 2022 la Procura di Napoli aveva disposto il dissequestro temporaneo dell’area interessata all’incidente, rendendo possibile al Comune di Napoli siglare con i vigili del fuoco il protocollo per procedere alla ricerca delle spoglie e, laddove possibile, dar loro un nome e un cognome prima di restituirle ai loro cari. Ma poi il 17 ottobre si era verificato il nuovo crollo, rendendo impossibile il proseguimento dei lavori. Mesi dopo la procura aveva emesso una ventina avvisi di garanzia con le ipotesi di reato di crollo colposo e omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina, tutte a carico di persone coinvolte a vario titolo nelle imprese incaricate della realizzazione della metropolitana. Quindi le operazioni di recupero delle salme erano riprese, per poi fermarsi ancora tra rimpalli di responsabilità e nuovi intoppi burocratici.
Nel novembre 2023 il deputato verde Francesco Borrelli, raccogliendo le proteste dei parenti dei defunti, ha denunciato lo stato di abbandono delle bare, «ammassate senza un elenco e senza indicazioni per trovarle dentro un capannone», con una segnaletica provvisoria scritta con la vernice sui muri. E in un dossier aveva esteso l’allarme anche ad altri cimiteri napoletani avvolti dal degrado. Peraltro non era neppure la prima volta che a Poggioreale si verificavano cedimenti eclatanti. Il 3 febbraio 2020, quindi due anni prima dell’evento del 2022, a sbriciolarsi era stata una parte del muro del cimitero Monumentale, nel cosiddetto “Quadrato degli Uomini Illustri” in via Santa Maria del Pianto. Allora lo spettacolo era stato ancora più macabro, con ossa e teschi sparsi a terra e rimasti esposti alle intemperie per ore, prima di essere raccolti e messi in buste di plastica dal personale del cimitero.
Nella zona interessata dai crolli del 2022 si stima che restino da recuperare centinaia di loculi, di cui circa 300 nell’ipogeo. La congrega dei Dottori Bianchi conteggiava 1.250 loculi, mentre quella di San Gioacchino ne contava 1.400, tanto per dare la dimensione del fenomeno. I lavori sono stati di nuovo interrotti nel marzo scorso, quando la Metropolitana Spa in forza di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (Ctu) che la esenta da responsabilità ha abbandonato il cantiere, lasciando i resti nella totale incuria. “Gli ingegneri del Comune hanno stimato una spesa di circa 500mila euro per far fronte alla situazione, cifra che l’amministrazione non può o non vuole usare”, dice Pina Caccavale. Da qui la decisione di passare all’azione.
Stamani alle 9:30 i parenti riuniti nel Comitato si sono dunque radunati davanti alla tensostruttura che ospita le 1.781 bare già recuperate ma ancora in attesa di una sistemazione definitiva. “Ci avevano promesso che sarebbero state recuperate tutte le salme, ma nulla è stato fatto. Ci sentiamo traditi”, ha dichiarato Caccavale sottolineando che la loro lotta “non è per i risarcimenti economici, ma per il rispetto e la dignità dei defunti”. A cominciare da sua madre e sua zia, che a distanza di tre anni sono ancora sepolte chissà dove sotto le macerie.
Con la disperazione negli occhi e la rabbia nelle mani, i parenti hanno scavato con le pale e a mani nude, riportando alla luce numerosi frammenti di ossa. Nel tentativo di far valere una delle regole più antiche del vivere umano, quella che prescrive il rispetto e la pietas per i morti. Sfidando la burocrazia per riottenere una tomba su cui poter piangere i propri cari, non accontentandosi di una “illacrimata sepoltura”.