Bagno di folla del Senatùr tra la sua gente nel 40° compleanno della Lega Lombarda tra rimpianti e malcontento.
Varese – La Lega di Salvini? Finita, morta, kaputt. Questa l’opinione diffusa dei “bossiani” di ferro che oggi si sono radunati a Gemonio per festeggiare i 40 anni della Lega Lombarda. Domani ci saranno i festeggiamenti “ufficiali” a Varese, con Salvini e l’establishment del partito. Ma oggi in molti hanno preferito andare in pellegrinaggio, una sorta di contro-festa, nel paese di Umberto Bossi, che quel partito l’ha creato, l’ha fatto crescere e l’ha scolpito nel cuore di migliaia di militanti. Perché tra quegli stessi militanti c’è crisi, ripensamento, nostalgia.
Molti degli iscritti di “vecchia data” si sono “congelati” da tempo e non partecipano più attivamente alla vita del movimento, altri se ne sono andati proprio. Altri ancora continuano a frequentare quasi “obtorto collo”, ma il malcontento nei confronti di Matteo Salvini, che quella Lega l’ha ereditata e l’ha portata pian piano sempre più a destra e ha aperto al meridione, è come un fiume carsico che scorre sotto terra, nascosto. E nel genetliaco del partito che oggi – di fatto – non c’è più, all’improvviso salta fuori e diventa un fiume in piena.
Domani ai festeggiamenti “ufficiali” con Salvini e i suoi generali in molti della “vecchia guardia” non ci saranno. Mancherà Roberto Castelli. E mancherà anche lui, il leader storico, il Senatùr Umberto Bossi, che oggi non le ha certo mandate a dire. “La Lega all’inizio era un movimento più vicino al popolo, la Lega di 40 anni fa aveva una base popolare. Noi abbiamo cominciato dal Comune di Varese ma io domani a Varese per i festeggiamenti con Salvini non ci sarò”, ha detto.
L’anziano e carismatico “ex” leader lumbard – “ex” perché lo è solo nella forma, non certo nella sostanza e nella grinta, che rimane intatta a onta degli anni che passano e della malattia – ha incontrato la “sua” gente e si è detto felice. “Sono molto contento, ho visto tanta gente che non vedevo da anni, è la Lega di 40 anni fa”, ha commentato Bossi. Quello che non lo soddisfa affatto è invece la Lega di oggi. E lo dice senza mezzi termini: serve un nuovo leader che vada nella direzione dell’autonomia, che rimetta al centro la questione settentrionale. “Salvini ha preso la sua strada – ha proseguito – ciascuno prende la sua strada, ci vuole un po’ di testa. La Lega di allora era radicata nella base popolare, in consiglio a Varese si parlava in dialetto. Se le radici sono forti, è difficile che si fermino. Sicuramente abbiamo fatto un grande sforzo, era un mondo diverso, c’era necessità di nuovo e chiunque avesse intuito politico l’avrebbe capito. Lì siamo nati noi”. E oggi? “Oggi serve un’altra spallata per cambiare le cose, la Lega deve essere uno sprone”, ha detto Bossi.
Ma chi può darla, questa spallata? Forse Giorgetti? La risposta del vecchio leader, per una volta, è anodina. “Giorgetti è uno bravo, ma non dico niente se no lo massacrano. Se la base non approva i programmi, non vai da nessuna parte. Diventa una bolla di sapone”, ha concluso sibillino.
A Gemonio, in grande spolvero, c’era anche Roberto Castelli, ex ministro e storico dirigente del movimento, uno che le battaglie le ha fatte tutte sin dalla prima ora. Anche per lui Salvini ha fatto il suo tempo. “Oggi è la festa di chi è rimasto vicino a Bossi dopo che è stato abbandonato da tutti. Non sarò domani a Varese. L’errore di Salvini è stato quello di aver trasformato un partito federalista, autonomista con venature indipendentiste in un partito centralista e direi anche meridionalista, visto quello che sta facendo in Sicilia e Calabria”. E gli manda un messaggio: “Salvini deve prendere atto che la sua stagione ormai è finita. Forse sarà opportuno che le lotte per il Nord passino di mano”. Chiaro, netto, inequivocabile.
Tra gli “insoddisfatti” anche Paolo Grimoldi, fondatore dei Giovani padani, ex segretario della Lega Lombarda e coordinatore del Comitato Nord creato da Umberto Bossi. Anche per lui “Salvini deve fare un passo di lato e lasciare la battaglia autonomista a chi ci crede ancora, ai tanti movimenti autonomisti che stanno nascendo. Salvini è ministro, faccia il ministro”, ha concluso Grimoldi. Che il vento del nord, dopo tanto tempo, torni a soffiare?