Il magistrato che coordinò le indagini sulla morte della studentessa inglese parla di una “fonte affidabile”, ma la Procura non riapre il caso.
Perugia – Il primo novembre del 2007 Meredith Kercher, 22 anni, perdeva la vita nella casa di via della Pergola a Perugia. Sono passati diciotto anni da quella sera, ma il caso continua a sollevare interrogativi. L’ultima dichiarazione, che potrebbe far vacillare le conclusioni della Suprema Corte, arriva da Giuliano Mignini, il magistrato che all’epoca seguì le indagini: “Ho ricevuto da una fonte che considero attendibile il nome di qualcuno mai coinvolto nelle indagini. Questa persona sarebbe partita per l’estero subito dopo i fatti”. Mignini sostiene di aver informato la Procura, ma al momento non risulta alcuna riapertura del fascicolo.
La giovane britannica venne trovata morta nella sua stanza con numerose ferite da arma da taglio, 47 per l’esattezza. Le indagini si indirizzarono rapidamente verso Amanda Knox, la coinquilina statunitense allora ventenne e Raffaele Sollecito, suo ragazzo da pochissimo tempo. La Knox, durante gli interrogatori, tirò in ballo Patrick Lumumba, per cui lavorava in un pub. L’accusa si rivelò infondata – l’uomo aveva testimoni che lo scagionavano completamente – ma Lumumba rimase comunque rinchiuso in carcere per due settimane.

Knox e Sollecito finirono in carcere negando ogni addebito. Entrambi dichiararono di essere altrove quella notte. A metà novembre gli investigatori bloccarono in Germania Rudy Guede, cittadino ivoriano sul quale convergevano molteplici riscontri scientifici dalla scena del crimine. Pur proclamandosi estraneo ai fatti, Guede venne condannato in via definitiva a sedici anni. La sentenza però conteneva un elemento inquietante: l’uomo era ritenuto responsabile “in concorso con ignoti”.
Per la coppia iniziò un’altalena processuale durata anni: colpevoli, poi innocenti, di nuovo colpevoli e alla fine prosciolti dalla Cassazione. Nelle motivazioni dell’assoluzione definitiva, tuttavia, i giudici scrissero che Knox e Sollecito quella sera si trovavano nell’appartamento, un particolare che entrambi hanno sempre respinto categoricamente. Di recente i tribunali hanno confermato la condanna alla Knox per la falsa accusa a Lumumba.
Le esistenze dei protagonisti sono andate avanti. Amanda Knox è tornata negli Stati Uniti dove si è costruita una nuova vita: matrimonio, maternità e un costante impegno mediatico per denunciare quello che considera un enorme errore giudiziario. Sollecito ha concluso gli studi in ingegneria e nei giorni scorsi, complice il clamore sul caso Garlasco, ha pubblicato un lungo messaggio online sul peso del sospetto che non si cancella, “una marca che rimane”. Guede ha conseguito una laurea durante la detenzione, ha finito di scontare la condanna ma è finito nuovamente davanti ai giudici per accuse di violenza verso l’ex partner.

Il padre di Meredith è morto in circostanze drammatiche, travolto e trascinato da un veicolo in quello che sembrava un tentativo di furto. Il dolore non si è mai attenuato e il ricordo della ragazza rischia di sbiadire nonostante la gravità di quanto accaduto.
Leggendo le carte processuali emerge un quadro incompleto, con zone d’ombra mai davvero illuminate. La dichiarazione di Mignini riaccende i riflettori su una vicenda che per molti resta irrisolta, anche se formalmente chiusa. Ma senza nuove iniziative della magistratura, il nome di cui parla l’ex pm rischia di rimanere solo un’eco lontana di una tragedia mai pienamente chiarita.