L’ispezione del Ministero boccia la gestione dell’istituto: “Clima pesante mai affrontato”. Chiesta l’apertura di tre provvedimenti disciplinari.
Fondi – L’11 settembre, mentre i compagni tornavano in classe dopo l’estate, Paolo Mendico ha scelto di morire. Aveva 14 anni e frequentava un istituto tecnico a Latina. La sua decisione ha spinto il ministro Valditara a inviare gli ispettori nella scuola per capire cosa si nascondesse dietro il gesto estremo del giovane studente. E la risposta, secondo la Repubblica, è arrivata chiara: la scuola aveva davanti agli occhi i segnali di un problema grave, ma non ha agito come avrebbe dovuto.
La relazione degli ispettori del Ministero non usa giri di parole. Descrive un gruppo classe difficile, attraversato da conflitti continui e comportamenti che avrebbero dovuto far scattare allarmi immediati. Il termine utilizzato è “turbolento”. Quel contesto era diventato invivibile per chi, come Paolo, si trovava nel mirino o semplicemente non riusciva a reggere la pressione dei continui insulti ricevuti.
Eppure, nonostante le segnalazioni arrivate agli insegnanti e alla dirigenza, segnalazioni che parlavano di atteggiamenti “quasi aggressivi”, non è stato attivato il protocollo antibullismo. Non è stata fatta una valutazione strutturata del problema. Non è stato messo in campo nessun piano di intervento per smorzare le tensioni e proteggere chi stava soffrendo. Il giudizio degli ispettori è inequivocabile: si poteva intervenire e non è stato fatto.
Il Ministero ha chiesto l’apertura di procedimenti disciplinari per tre figure apicali dell’istituto: la preside, la sua vice e la responsabile della succursale. L’accusa è di “condotte omissive”. La scuola aveva strumenti, procedure, responsabilità e, secondo gli ispettori, non li avrebbe utilizzati.
Mentre il ministero contesta le omissioni sul piano amministrativo, la Procura sta verificando se quelle stesse omissioni possano configurare una responsabilità penale. L’inchiesta punta a ricostruire l’ultimo periodo di vita di Paolo: cosa succedeva in classe, chi lo sapeva, chi avrebbe dovuto agire. L’obiettivo è stabilire se dietro il suicidio di Paolo ci siano anche responsabilità concrete di adulti che avevano il dovere di proteggerlo e non l’hanno fatto.