Arresti domiciliari per Totò Cuffaro

Il Gip ha disposto misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti pubblici. Respinta la richiesta di arresto per il deputato Saverio Romano.

Palermo – Arresti domiciliari per Totò Cuffaro, ex governatore della Regione Sicilia, nell’ambito di un’inchiesta che vede coinvolte diciotto persone. L’indagine della Procura palermitana ipotizza reati di associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione legati alla gestione di appalti e incarichi nella pubblica amministrazione.

La misura cautelare, richiesta dalla Procura all’inizio di novembre, è stata applicata dopo gli interrogatori di garanzia previsti dalla normativa vigente. Il procedimento ha portato a decisioni differenziate per i vari indagati, con provvedimenti che vanno dagli arresti domiciliari al semplice obbligo di firma, mentre per alcuni non è stata disposta alcuna misura cautelare.

Oltre a Cuffaro, il Gip ha stabilito la detenzione domiciliare per Roberto Colletti, ex dirigente dell’azienda ospedaliera Villa Sofia di Palermo, e per Antonio Iacono. Si tratta delle posizioni ritenute più gravi dal giudice nell’ambito del presunto sistema corruttivo emerso dalle indagini.

Una misura intermedia è stata invece applicata a Vito Raso, ritenuto dagli inquirenti l’ex braccio destro di Cuffaro, per il quale è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Questo tipo di provvedimento consente all’indagato di mantenere la libertà personale, pur dovendo rispettare specifici obblighi di controllo da parte delle autorità.

Particolarmente significativa risulta la decisione relativa a Saverio Romano, deputato e coordinatore di Noi Moderati, anch’egli coinvolto nell’inchiesta. Nei suoi confronti il giudice ha respinto la richiesta di arresto avanzata dalla Procura, ritenendo evidentemente non sussistenti i gravi indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari necessarie per l’applicazione di una misura restrittiva.

Per Mauro Marchese e Marco Dammone il Tribunale ha adottato un duplice provvedimento: l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria abbinato a una misura interdittiva. Quest’ultima impedisce loro, per la durata di un anno, di esercitare attività imprenditoriali o di ricoprire ruoli direttivi in società e enti. Si tratta di sanzioni che, pur non prevedendo restrizioni della libertà personale, incidono pesantemente sulla capacità lavorativa e professionale degli interessati.

Un gruppo consistente di indagati non ha subito l’applicazione di alcun provvedimento cautelare. Tra questi figurano Antonio Abbonato, Ferdinando Aiello, Paolo Bordonaro, Alessandro Caltagirone, Giuseppa Di Mauro, Vito Fazzino, Sergio Mazzola e Carmelo Pace, quest’ultimo capogruppo della Democrazia Cristiana all’Assemblea regionale siciliana.

Restano inoltre senza misure restrittive Paolo Emilio Russo, Giovanni Giuseppe Tomasino e Alessandro Vetro. Per tutti loro il Gip ha rigettato le richieste della Procura, ritenendo probabilmente insufficienti gli elementi raccolti o non sussistenti le esigenze cautelari.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, al centro dell’inchiesta ci sarebbe un articolato sistema di relazioni illecite finalizzato a condizionare procedure amministrative e gare d’appalto. Il meccanismo avrebbe coinvolto la gestione di incarichi pubblici, in particolare nell’ambito sanitario, con scambi di favori e pressioni volte a orientare decisioni interne a enti pubblici e aziende ospedaliere.

L’ipotesi accusatoria parla di un vero e proprio sodalizio criminale strutturato, con ruoli definiti e contatti continuativi tra gli indagati. La turbativa d’asta contestata riguarderebbe presunte alterazioni delle procedure competitive per l’affidamento di appalti pubblici, mentre gli episodi corruttivi avrebbero coinvolto funzionari e dirigenti chiamati ad assumere decisioni amministrative strategiche.