Spiagge addio: il mare arriverà in casa

Altro che film dell’orrore, è la pura realtà. Fra qualche anno vedremo gli esiti catastrofici provocati da consumo del suolo, innalzamento del livello dei mari e cementificazione.

Le spiagge italiane a rischio scomparsa. Una notizia pubblicata dall’ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata), una delle principali agenzie di informazione italiane, ha lanciato un serio allarme sullo stato delle coste italiane. Il territorio nazionale sarà vittima dell’erosione costiera che si verifica quando il mare sottrae suolo, come la sabbia, alla linea di costa, facendola arretrare verso l’entroterra. Questo processo è causato da diversi fattori, tra cui quelli meteoclimatici, geologici, biologici e antropici. 

Un copione da film catastrofico, genere cinematografico, spesso inserito nei generi d’avventura, drammatico e thriller, che si concentra su un evento disastroso imminente o in corso, come disastri naturali o provocati dall’uomo. Generalmente la trama si è sempre sviluppata sulla sopravvivenza e alla gestione del trauma da parte dei personaggi di fronte alla distruzione. La realtà potrebbe essere anche peggiore, nel senso che spesso supera la fantasia.

Il fenomeno è stato illustrato dalla Società Geografica Italiana (SGI) nel rapporto “Paesaggi Sommersi”. I numeri non lasciano dubbi: sono a rischio, entro il 2050, il 20% delle spiagge, entro il 2100 il 40%, con notevoli danni sociali ed economici. Ben 800 mila cittadini, secondo le stime, sarebbero costretti a migrare verso l’interno o altri lidi (in senso figurato). Le zone più fragili e sensibili agli spostamenti di persone sono quelle in cui il miscuglio di consumo di suolo, dell’innalzamento del livello dei mari e della cementificazione selvaggia hanno formato un combinato devastante per le persone e l’ambiente.

La zona geografica che primeggia in questa deprimente classifica è l’Alto Adriatico, in particolare il Delta del Po e la Laguna di Venezia, simboli di un paesaggio costiero devastato. Non stanno messe meglio altri territori, tra cui: la piana di Fondi, nel Lazio; la foce di Pescara, in Abruzzo; la costa pugliese intorno al Gargano; le aree di Cagliari e Oristano in Sardegna; diversi tratti della area Tirrenica tra Toscana e Campania. Come si può notare, si tratta di aree la cui bellezza e difesa dovevano essere prioritarie, la conditio sine qua non, per uno sviluppo armonioso col territorio, che invece, è stato maltrattato, vilipeso e condannato a morte.

Le spiagge si ritirano: a rischio migliaia di residenti sulle coste

Ma a subire l’effetto mortale non sono solo le spiagge, anche i porti rischiano di scomparire con contraccolpi pesanti sull’economia e la logistica. Poiché al peggio non c’è mai fine, ecco spuntare l’ultima criticità: la salinizzazione che riguarda il 10% delle aree agricole costiere. Si tratta di un processo di accumulo eccessivo di sali nei suoli, che ne compromette la fertilità e la produttività agricola, oltre alle riserve d’acqua potabile. Il fenomeno si è inasprito anche per il turismo senza controllo che ha prodotto sollecitazione urbanistica e ambientale.

La proposta della Società Geografica è la “rinaturalizzazione”, per dare spazio alle coste in modo da agevolare il loro adattamento. Secondo gli esperti si possono attuare opere concrete come dighe, impianti più alti e durevoli nel tempo, scogliere artificiali con cui bloccare l’erosione delle coste basse. Inoltre, rialimentare le spiagge con l’apporto artificiale di sabbia e ghiaia per contrastare l’erosione e proteggerle dalle mareggiate.

Consigli sensati se fossero ascoltati dalle istituzioni, ma è come parlare nel deserto, perché a dominare sono gli interessi particolari degli operatori turistici. Per salvaguardare gli interessi particolari, si danneggiano quelli generali della società.