Alemanno denuncia il collasso della struttura: “Agenti e detenuti al freddo, sale comuni trasformate in dormitori di emergenza”.
Roma – Mentre le temperature precipitano e la neve imbianca l’Italia, nel carcere di Rebibbia i termosifoni restano spenti. A lanciare l’allarme è Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma attualmente detenuto nella struttura capitolina, che attraverso il suo “Diario di cella 33” pubblicato sui social descrive una situazione al limite del collasso.
“Siamo giunti al 23 novembre e i termosifoni sono completamente spenti”, scrive l’ex primo cittadino, spiegando che secondo le informazioni circolanti tra i detenuti le caldaie sarebbero guaste. Una condizione che accomuna reclusi e agenti della Polizia Penitenziaria, costretti a lavorare “imbacuccati come i soldati di Napoleone in Russia”. Persino nelle docce della caserma attigua, l’acqua calda scompare dopo le 20, lasciando chi smonta dagli ultimi turni senza possibilità di riscaldarsi.
Ma il freddo è solo uno dei problemi denunciati da Alemanno, che punta il dito contro il ministro Nordio per la mancata soluzione al drammatico sovraffollamento. “L’estate è passata, l’autunno sta finendo, non si è visto un solo posto in più”, scrive con amarezza, mentre la pressione sulle strutture continua ad aumentare.
La carenza di spazi ha portato a soluzioni estreme: le sale comuni, storicamente dedicate alla socialità dei detenuti con tavoli da pingpong e scacchiere, vengono convertite in celle improvvisate. “Sei brande disposte a caso, materassi arrivati dopo giorni, niente armadietti, niente TV, tutto ammucchiato sul tavolo centrale. Un tugurio infernale”, è la descrizione dell’ex sindaco. Per una settimana, aggiunge, uno di questi spazi non aveva nemmeno lo scarico del bagno funzionante, costringendo i detenuti a utilizzare secchi d’acqua.
Alemanno paragona la situazione degli agenti a quella del “7° Cavalleggeri a Little Big Horn“, piccoli gruppi circondati da centinaia di reclusi in condizioni sempre più precarie. E chiude con sarcasmo: “Forse presto si dirà che il sovraffollamento aiuta pure a combattere il freddo, perché accatastati gli uni sugli altri ci riscaldiamo tra noi”.
A confermare la gravità della situazione è Stefano Anastasìa, Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale della Regione Lazio. “D’estate si boccheggia per il caldo e d’inverno si avvertono i brividi per il gelo”, dichiara, confermando che il riscaldamento è effettivamente guasto. Il problema, spiega il Garante, è strutturale: “Il sistema è sempre in emergenza” e le risorse per la manutenzione ordinaria sono state assorbite dal Piano di edilizia penitenziaria, lasciando gli istituti esistenti senza margini di intervento fino a quando “la situazione non precipita”.