Il Tribunale ha disposto il trasferimento dei tre minori insieme alla madre. Contestate le condizioni abitative e la scelta dell’educazione parentale.
Chieti – È arrivata la decisione del Tribunale per i minorenni dell’Aquila che segna una svolta nella vicenda della famiglia che viveva in un casolare isolato nei boschi di Palmoli, in provincia di Chieti. Tre minori – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – sono stati allontanati dalla loro abitazione e trasferiti in una comunità protetta a Vasto. Con loro si trova la madre Catherine Birmingham, di origine australiana, mentre il padre Nathan Trevallion, cittadino britannico, è rimasto nella vecchia casa colonica.
L’ordinanza ha sospeso in via esecutiva la responsabilità genitoriale. Come spiega l’avvocato della famiglia, Giovanni Angelucci, i magistrati hanno sollevato dubbi sia sulle condizioni di salute dei minori sia sul loro percorso educativo, visto che non frequentavano alcun istituto scolastico ma ricevevano un’istruzione informale dai genitori. La difesa ha ora dieci giorni per presentare ricorso contro il provvedimento.
La vicenda aveva catalizzato l’attenzione mediatica e generato un acceso dibattito pubblico. Una raccolta firme lanciata su Change.org aveva superato le 30mila adesioni, con l’obiettivo di mantenere unito il nucleo familiare. La coppia aveva scelto di vivere in modo radicalmente diverso dagli standard contemporanei: niente energia elettrica, acqua prelevata da un pozzo, cucina alimentata a legna e servizi igienici esterni all’edificio principale.
La questione era approdata all’attenzione della Procura nel 2024, quando l’intero nucleo era finito in ospedale per un’intossicazione causata dal consumo di funghi. L’intervento dei carabinieri aveva portato alla luce le caratteristiche dell’abitazione, le criticità dal punto di vista igienico-sanitario e l’assenza di una scolarizzazione convenzionale. La relazione dei militari aveva innescato l’iter che ha condotto alla decisione del Tribunale.
Il legale aveva sottolineato come non vi fossero episodi di violenza o maltrattamento, definendo quella della famiglia una scelta esistenziale orientata al distacco dalla tecnologia e alla preservazione di un legame diretto con l’ambiente naturale. Tuttavia, oltre alle condizioni materiali dell’abitazione priva di comfort elementari, a incidere significativamente sul giudizio dei magistrati è stata la decisione educativa dei genitori.
La coppia aveva infatti abbracciato il cosiddetto “unschooling”, un modello pedagogico alternativo che si fonda sull’apprendimento spontaneo attraverso le esperienze quotidiane, senza programmi didattici strutturati o frequenza scolastica obbligatoria. Il metodo privilegia la dimensione emotiva e il rifiuto dell’istituzione scolastica tradizionale, lasciando che i bambini sviluppino autonomamente i propri interessi.
La quotidianità dei tre bambini si era svolta fino a questo momento tra le attività agricole, la cura degli animali e l’esplorazione dell’ambiente boschivo circostante. La sentenza del Tribunale rappresenta ora una cesura netta con questo stile di vita, aprendo un capitolo completamente nuovo per l’intera famiglia.