La Procura aveva chiesto il massimo della pena per l’ex comandante. Per la difesa si è trattato di una tragedia non voluta.
Bologna – L’ex comandante della polizia municipale di Anzola dell’Emilia, Giampiero Gualandi, è stato condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di Sofia Stefani, vigile di 33 anni, freddata il 16 maggio 2024 negli uffici della municipale di Anzola. Dopo diverse ore di camera di consiglio, la Corte ha deciso il massimo della pena per l’accusa di omicidio volontario.
Sofia Stefani è stata uccisa con un colpo di pistola al volto, sparato con l’arma d’ordinanza di Gualandi all’interno degli uffici della polizia municipale. Tra i due c’era una relazione extraconiugale, scoperta alcune settimane prima dalla moglie di Gualandi. A pesare nella ricostruzione dell’accusa, secondo la Procura di Bologna, è il profilo dell’imputato: definito “bugiardo seriale e manipolatore”, che “ha volontariamente ucciso Sofia perché non riusciva più a controllarla e a governarla”. Per la Pm Lucia Russo, Gualandi avrebbe mentito in più occasioni – alla moglie, alla sua amante, durante le indagini – e non avrebbe mai detto la verità sui fatti.
La difesa, guidata dall’avvocato Claudio Benenati, ha invece sostenuto che si è trattato di “tragedia non voluta”. Secondo Gualandi, la relazione era certamente fonte di inganno, ma questo non significa che volesse uccidere. In aula, l’imputato ha dichiarato: “Sofia è morta per mia responsabilità, ma non l’ho uccisa volontariamente. Non avrei mai avuto l’intenzione di far del male”. Ha aggiunto di convivere con un enorme senso di colpa e di non aspettarsi alcun perdono da parte di nessuno.
Per onorare la memoria di Sofia, il 25 novembre – in occasione della Giornata nazionale contro la violenza sulle donne – sarà inaugurata una Stanza rosa nella caserma dei carabinieri di Anzola dell’Emilia. “Un colpo di pistola ha cancellato la sua giovane vita”, ha commentato la madre della vittima, Angela Querzé. “Con lei perdiamo una parte importante di noi stessi, ma non la volontà di lottare. I femminicidi rappresentano l’apice della violenza, e questa stanza è un gesto di grande valore”.