Il mistero oscuro di via Ugolini: l’ultima estate dei coniugi Donegani

Dalla scomparsa al ritrovamento dei resti in Val Camonica: l’inquietante parabola di Guglielmo Gatti, il nipote condannato all’ergastolo che continua a proclamarsi innocente.

Brescia – Il primo agosto 2005 segna l’inizio di una delle vicende criminali più inquietanti della cronaca bresciana. Quel giorno Luciano De Leo, carabiniere di 35 anni in forza alla stazione di Castelfiardo (Ancona), si presenta davanti alla villetta degli zii Aldo Donegani e Luisa De Leo, situata al numero 15 di via Ugolini a Brescia. I parenti lo avevano invitato per trascorrere insieme alcuni giorni di riposo estivo, ma quando alle 12 il militare suona il campanello, non ottiene risposta.

Cercando di capire cosa stia accadendo, De Leo tenta di contattare Guglielmo Gatti, cugino quarantunenne che abita nell’appartamento superiore. Gatti è una figura particolare: studente universitario d’ingegneria nucleare, fuori corso da anni, carattere chiuso, poco socievole, dall’aspetto trasandato e di cui poco si sa. Raggiunto telefonicamente, dichiara di non avere notizie degli zii da diversi giorni e di non saperne nulla.

Guglielmo Gatti

Quando Gatti rientra nell’abitazione, i due parenti provano ad accedere all’alloggio dei Donegani, trovandolo però serrato. Decidono allora di allertare i vigili del fuoco che forzano l’ingresso. L’interno si presenta ordinato, senza tracce di scasso e apparentemente nulla risulta sottratto. Nel box sono ancora parcheggiate l’automobile e le biciclette della coppia.

I cugini si dirigono immediatamente al comando dei carabinieri per formalizzare la denuncia di scomparsa, dando il via alle indagini coordinate dal pubblico ministero Claudia Moregola. Ripercorrendo gli ultimi movimenti della coppia, gli investigatori stabiliscono che l’ultima volta in cui i due sono stati probabilmente visti risale al 31 luglio, durante la funzione religiosa nella chiesa di Sant’Antonio, sebbene le dichiarazioni dei presenti non siano univoche.

I commercianti abituali riferiscono invece di aver incontrato i Donegani per l’ultima volta il 30 luglio. Questa data trova conferma anche nel nipote Luciano, che ha parlato con loro al telefono alle 11.39 di quella mattina. Nessuno ha rilevato atteggiamenti insoliti o preoccupanti nei due anziani.

L’ipotesi di una fuga programmata viene rapidamente accantonata per molteplici ragioni: la presenza dell’auto e delle biciclette, alimenti deteriorabili in cucina (pasta al forno e sugo avanzato), il recente rientro da una villeggiatura a San Benedetto del Tronto, meta abituale delle loro vacanze. In più, non hanno avvisato i vicini per la gestione della corrispondenza o del verde, Luisa non ha informato gli altri volontari parrocchiali di possibili assenze e i cellulari risultano costantemente irraggiungibili. Si considera anche un possibile incidente durante una gita, ma le battute nelle zone collinari circostanti non producono risultati.

Gli investigatori si orientano quindi verso la pista criminale. I Donegani non possiedono grandi ricchezze e dall’abitazione non mancano beni di valore. Naturalmente Guglielmo Gatti viene interrogato ripetutamente, mostrandosi sempre tranquillo e collaborativo, dichiarando di non riuscire a comprendere la sparizione degli zii.

Durante un controllo approfondito nell’abitazione viene localizzato il telefono cellulare in uso alla coppia, spento, che era stato cercato senza successo. Le indagini sembrano arenarsi. A metà agosto dello stesso anno, un residente di Corteno Golgi, in Val Camonica, contatta le forze dell’ordine raccontando che il primo agosto, mentre viaggiava in automobile col figlio minorenne, un veicolo li aveva quasi tamponati procedendo a velocità sostenuta. Il ragazzo afferma di aver identificato alla guida proprio Guglielmo Gatti.

Le ricerche si intensificano nell’area montana e il 17 agosto, durante un’ispezione, i soccorritori alpini e il personale forestale individuano lungo il pendio di una gola numerosi sacchi della spazzatura contenenti resti umani smembrati. Nelle vicinanze vengono recuperate forbici da potatura insanguinate e buste della spesa riconducibili agli acquisti effettuati dai coniugi prima della sparizione.

Entrambi i cadaveri sono stati decapitati. La Procura di Brescia iscrive Guglielmo Gatti nel registro degli indagati per duplice omicidio premeditato, vilipendio e occultamento di cadavere, disponendone l’arresto immediato.

A compromettere la posizione del nipote ci sono diversi riscontri oltre alla testimonianza del giovane automobilista. Un’abitante della zona riferisce di aver udito rumori anomali durante la notte tra il 30 e il 31 luglio e di essersi affacciata alla finestra. In quel momento avrebbe scorto Guglielmo Gatti nel giardino, che non avrebbe mancato di rassicurarla.

La proprietaria di una struttura ricettiva a Breno dichiara di avergli affittato una stanza la notte successiva, senza però effettuare la registrazione poiché era giunto a tarda sera per ripartire all’alba. Un nuovo sopralluogo con reagenti chimici luminescenti rivela molteplici tracce ematiche, poi eliminate, nel box utilizzato da Gatti. Materiale biologico viene identificato anche nell’autoveicolo e su una calzatura dell’indagato.

Gli inquirenti delineano quindi la sequenza omicida. Attorno a mezzogiorno del 30 luglio, Guglielmo Gatti avrebbe somministrato sostanze letali agli zii, per poi portarli nel garage dove li avrebbe fatti a pezzi, probabilmente mentre erano ancora in vita. Dopo aver eliminato le prove nell’abitazione, avrebbe caricato i resti nell’automobile e il giorno seguente li avrebbe abbandonati sul passo del Vivione, pernottando poi nell’albergo di Breno. Il primo agosto sarebbe rientrato a Brescia.

Guglielmo Gatti nega fermamente ogni responsabilità. La difesa opta per il processo con rito immediato. Il primo grado si conclude il 16 maggio 2007 con la condanna al carcere a vita e tre anni di isolamento diurno. La sentenza viene confermata in appello e dagli Ermellini. Il movente rappresenta l’enigma principale del caso Donegani. Secondo la ricostruzione giudiziaria, Gatti avrebbe eliminato gli zii per un sentimento di rancore verso la loro esistenza piena e soddisfacente, in netto contrasto con la propria vita isolata e priva di stimoli.

Guglielmo Gatti è attualmente recluso nel penitenziario di Opera a Milano. Non ha mai riconosciuto la propria colpevolezza, sostenendo la propria innocenza durante tutto il percorso giudiziario.