Oltre un centinaio i bracconieri denunciati. Sequestrati armi, munizioni, richiami elettronici, trappole, reti e altri arnesi idonei alla cattura. Recuperati 2.467 volatili fra vivi e morti.
Roma – Anche quest’anno l’Operazione “Pettirosso”, condotta dal Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri attraverso il Reparto Operativo – SOARDA del Raggruppamento Carabinieri CITES, ha confermato l’impegno costante dell’Arma nella tutela della fauna selvatica e nel
contrasto al bracconaggio dei piccoli uccelli migratori.
L’operazione, ormai divenuta un punto di riferimento a livello nazionale, è stata condotta in coordinazione con i Gruppi carabinieri forestali di Brescia, Bergamo, Mantova, Padova, Venezia, Verona e Vicenza, con l’apporto di unità cinofile e in sinergia con i reparti della linea territoriale dell’Arma, che hanno proceduto al ritiro cautelare di numerose armi e delle Licenze di caccia, e con il fattivo contributo dei volontari del CASB, LIPU, Legambiente e WWF.
L’attività, che si svolge tradizionalmente nel periodo autunnale lungo le principali rotte migratorie delle
Prealpi lombardo-venete, ha portato quest’anno a:
– 135 persone denunciate e al sequestro di:
– 2.467 uccelli (tra vivi e morti)
– 1.110 dispositivi illegali di caccia, come trappole, reti e richiami acustici vietati
– 135 armi da fuoco
– 13.330 munizioni
– 20 Kit di contraffazione di anelli identificativi
– 73 confezioni di farmaci dopanti
Grazie all’intervento tempestivo dei militari sono stati salvati 930 uccelli, alcuni dei quali, se trovati in
buone condizioni di salute, sono stati immediatamente restituiti alla libertà, affidando quelli feriti e
debilitati ai Centri di Recupero Animali Selvatici “l’Oasi WWF Valpredina” e “Il Pettirosso” per le cure necessarie alla riabilitazione e al successivo rilascio. Gli oltre 1.500 esemplari abbattuti illegalmente
erano destinati al consumo o al commercio illecito nel circuito della ristorazione.

La maggioranza degli esemplari vivi di avifauna sequestrati era priva di anelli identificativi o con anelli
visibilmente manomessi, condizione questa che presuppone l’immissione sul mercato di centinaia di
esemplari presumibilmente catturati in natura e inanellati illegalmente prima di essere venduti o utilizzati come “richiami vivi”, generando un illecito profitto, considerato che la legale detenzione richiede, invece, l’apposizione di un anello cilindrico inamovibile con codici univoci.
Tra i dispositivi sequestrati figurano richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, reti da
uccellaggione e, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di infliggere gravi sofferenze all’avifauna, lasciata viva e agonizzante per ore. Preoccupante il rinvenimento di farmaci dopanti somministrati agli uccelli per alterarne artificialmente il canto e renderli più performanti.
Queste sostanze, a base di derivati del testosterone, al di fuori di un piano terapeutico, possono provocare gravi danni all’apparato neurologico degli uccelli, fino a cagionarne la morte, configurando un vero e proprio maltrattamento animale.