Nonostante le misure confermate, le attivazioni agevolate crollano: aziende poco informate e regioni lontane dai target.
Milano – In Lombardia solo il 4,7% degli apprendistati viene attivato con le agevolazioni: per le assunzioni incentivate di giovani e donne va anche peggio
Sul territorio regionale magri i numeri per le assunzioni agevolate. Opportunità “perse per strada” soprattutto in comparti quali l’agricoltura, le costruzioni e le attività culturali. “La colpa dello scarso utilizzo, oltre che di oggettivi fattori normativi, è anche della misconoscenza dei vantaggi, ma in questo modo si frena la competitività. Fondamentale è supportare gli HR Director, affinché le conoscano meglio e possano far risparmiare le loro aziende”, commenta Ivan Moretti, Co-CEO di Zeta Service.
Nonostante il Governo abbia confermato diverse misure anche in vista della prossima manovra finanziaria, in Italia crollano le assunzioni agevolate. E anche la Lombardia non brilla: la Regione, guardando al primo semestre 2025, ha solo il 4,7% di attivazioni agevolate in apprendistato e, per gli inserimenti di giovani e donne, rispettivamente, presenta il 2,2% di contratti agevolati con “Esonero giovani” e lo 0,8% con “Incentivo donne”.
A livello nazionale, secondo gli ultimi dati forniti dall’INPS, tra il primo semestre del 2024 e il periodo speculare del 2025, si registra un calo del 68%, mentre era stato solo dell’1,7% tra il 2023 e il 2024. Le motivazioni? Secondo l’Istituto, una lettura è legata anche alla cessazione della validità della misura “Decontribuzione Sud”, che prevedeva una agevolazione contributiva del 30% per i rapporti di lavoro avviati nel Meridione: tale misura, ancora in leggero aumento nel primo semestre 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023 (+6,5%), dal 2025 non è più attiva. In suo luogo, per il periodo 2025-2029, la Legge di Bilancio dello scorso anno ha introdotto una “nuova” decontribuzione per il Mezzogiorno applicabile esclusivamente alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate entro il 31 dicembre dell’anno precedente la richiesta.
La variazione pesantemente negativa del primo semestre del 2025 ha comportato anche una marcata diminuzione della quota delle agevolazioni sul totale delle attivazioni, scesa all’8,1% (cioè le agevolazioni vengono attivate solo per 8 assunzioni su 100) rispetto allo stesso periodo del biennio 2023-2024, quando la percentuale superava il 25%, comunque relativamente bassa.
Ma perché gli imprenditori fanno un utilizzo così scarso di queste opportunità? Secondo gli esperti un tema, fondamentale, è quello della scarsa conoscenza delle misure, ma non l’unico. “Generalmente – spiega Ivan Moretti, Co-CEO di Zeta Service, realtà italiana leader nella consulenza e servizi HR e payroll e founder di Payrocks – possiamo ipotizzare che le imprese stiano assumendo appoggiandosi in maniera meno rilevante ai sostegni pubblici rispetto al recente passato. Però questa dello scarso tasso di take-up è una situazione che si ripropone non solo in Italia, ma anche a livello globale, anche se generalmente, per quanto attiene alla nostra conoscenza del settore, in maniera meno incisiva che alle nostre latitudini. Che non è cosa da poco: il rischio è quello di rallentare la competitività del sistema e delle imprese. Spesso l’elemento comune, al netto degli oggettivi fattori normativi, è la misconoscenza delle opportunità offerte”.
Andando a osservare i dati a livello territoriale, sempre nel primo semestre 2025, le regioni meno “virtuose”, almeno in relazione alle principali misure sfruttabili, “Esonero giovani”, “Incentivo donne” e apprendistato, sono: sul fronte dell’apprendistato, la Sardegna (1,6% di attivazioni agevolate in apprendistato sul totale), il Molise (2,7%) e la Basilicata; per la misura “Esonero giovani” la Valle d’Aosta, la Liguria e la Puglia (tutte e tre con solo l’1% di attivazioni con agevolazioni per giovani sul totale); per la misura “Incentivo donne” il Trentino Alto Adige (solo lo 0,3% di incentivi femminili sul totale delle attivazioni), la Liguria e la Valle d’Aosta (entrambe a quota 0,4%). Detto della Lombardia, anche in altre regioni popolose e industrializzate, tuttavia, la situazione non è rosea: l’Emilia Romagna ha rispettivamente il 7,5% (apprendistato), l’1,7% (giovani) e lo 0,6% (donne); il Veneto registra il 6,8% (apprendistato), l’1,7% (giovani) e lo 0,7% (donne); per il Lazio si contano il 4,8% (apprendistato), l’1,1% (giovani) e lo 0,7% (donne).
Sul versante delle tipologie di aziende, le più coinvolte, nuovamente nei primi sei mesi del 2025, sono quelle fino a 15 dipendenti, il 40,7% del totale. Tra le principali misure è l’apprendistato la più fruita, con 244.545 contratti nel semestre e che incide del 5,2% sul totale delle attivazioni contrattuali a livello nazionale contro l’1,5% e l’1% delle altre due (numeri che si concentrano soprattutto nelle Pmi).
I settori meno “virtuosi”? Per quanto riguarda i contratti di apprendistato, scarse attivazioni negli ambiti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (1,7% sul totale delle attivazioni) e delle attività professionali, scientifiche e tecniche, dell’amministrazione e dei servizi di supporto (2,6%).
Nell’ambito dell’apprendistato i settori migliori, invece, risultano le attività finanziarie e assicurative (14%) e le attività immobiliari (9,4%). Per quanto concerne i giovani, i settori che sfruttano meno la misura a loro favore sono quello delle costruzioni (1%) e quello delle attività artistiche e di intrattenimento (1,1%). Meglio, invece e ancora una volta, le attività finanziarie e assicurative (4,6%). E le donne? Agricoltura (0,1%), costruzioni (0,2%) e servizi di informazione e comunicazione i settori meno pronti a sfruttare l’incentivo, meglio fanno le attività immobiliari (2,6%) e quelle professionali, scientifiche e tecniche (2,3%).
Per incrementare l’accesso a queste misure, prosegue Ivan Moretti di Zeta Service, occorre agire anche sui responsabili della funzione Risorse umane, affinché le conoscano meglio e le sappiano applicare: “Per l’HR Director sapersi muovere tra gli incentivi rappresenta uno strumento di governo ma anche di credibilità interna, nei confronti dei massimi vertici aziendali. Non è, questo, un elemento da sottovalutare, perché offre infatti una visione completa e integrata dei costi del personale, permette di verificare la conformità normativa e di presentare al CFO scenari economici concreti, basati su dati oggettivi, garantendo risparmi immediati”.