Alessia Pifferi condannata a 24 anni

La Corte d’appello ha ridotto la pena per la mamma della piccola Diana: esclusi i futili motivi, accolte le attenuanti generiche.

Milano – I giudici di secondo grado del tribunale milanese hanno sostituito la condanna perpetua con una pena di ventiquattro anni di reclusione per Alessia Pifferi, imputata per la morte della figlia di 16 mesi.

La decisione arriva dal collegio presieduto da Ivana Caputo, affiancata dal giudice Franco Anelli, al termine di una nuova valutazione complessiva del caso che ha portato la piccola Diana a morire in circostanze strazianti. La bambina era stata abbandonata senza assistenza per giorni, mentre la madre si trovava altrove, lontana da quell’appartamento diventato la sua tomba.

Il punto cruciale della sentenza riguarda la riqualificazione degli elementi aggravanti. I magistrati hanno eliminato dal quadro accusatorio la circostanza dei futili motivi, ritenendo che la condotta non rientrasse pienamente in questa categoria giuridica. Va precisato che già nel primo procedimento era stata esclusa la premeditazione, elemento che aveva comunque portato all’ergastolo grazie ad altre aggravanti.

L’aggravante del legame parentale resta confermata: il fatto che Diana fosse figlia della donna continua a pesare nel giudizio, rappresentando una violazione ancora più grave dei doveri fondamentali. Tuttavia, il bilanciamento è stato trovato attraverso il riconoscimento delle attenuanti generiche, strumento che consente di valutare elementi a favore dell’imputata non specificamente previsti dalla legge.

La difesa, curata dall’avvocata Alessia Pontenani, ha dunque ottenuto un risultato significativo rispetto al verdetto iniziale. La strategia difensiva aveva insistito sulla necessità di una valutazione più articolata della personalità e delle circostanze che avevano caratterizzato la vicenda.

Eliminata anche la misura di sicurezza della libertà vigilata che era stata prevista al termine dell’espiazione della pena. Questa decisione modifica il quadro delle conseguenze post-detentive per l’imputata, che non dovrà quindi sottostare a controlli e limitazioni dopo l’eventuale scarcerazione.

Confermato invece l’aspetto civilistico della sentenza: Pifferi dovrà rifondere le spese legali sostenute dalla madre e dalla sorella, che si sono costituite parti civili attraverso il legale Emanuele De Mitri. Un riconoscimento formale del danno subito dai familiari, che hanno vissuto il dramma sia come perdita della piccola Diana sia come stigma sociale legato alla vicenda.