Secondo i giudici della Suprema Corte, il ragazzo agì per proteggere sé stesso e la madre in un contesto familiare violento.
Torino – La Corte di Cassazione ha posto la parola fine sul caso giudiziario che ha coinvolto Alex Cotoia (oggi con cambio di cognome), confermando in via definitiva la sua assoluzione. Il giovane era imputato per l’uccisione del padre, Giuseppe Pompa, avvenuta nell’aprile del 2020 nell’abitazione di famiglia a Collegno, nel Torinese, durante una violenta lite domestica.
Secondo quanto stabilito dai giudici, Alex non ha colpito il padre per rancore o desiderio di vendetta, ma perché convinto di dover proteggere la madre e sé stesso. Nelle motivazioni si sottolinea che il ragazzo smise di colpire solo quando si rese conto che l’uomo non rappresentava più un pericolo.
La decisione della Cassazione arriva dopo un percorso processuale complesso: una prima condanna a sei anni e due mesi era stata annullata, dando luogo a un nuovo giudizio d’appello, conclusosi con l’assoluzione. Il Procuratore generale aveva impugnato questa decisione, ma la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
La Corte d’Assise d’Appello di Torino, nel secondo processo, aveva parlato di legittima difesa putativa: Alex, sostengono i giudici, agì nella convinzione di dover impedire che il padre potesse ferire sua madre e forse armarsi a sua volta. Una convinzione ritenuta ragionevole alla luce del contesto familiare.
Gli atti descrivono Giuseppe Pompa come un uomo dominato da gelosia ossessiva e da un costante atteggiamento di sopraffazione. L’ambiente domestico era segnato da un clima di tensione e paura, aggravato da continui episodi di violenza verbale e fisica.
Con la decisione della Cassazione, la vicenda giudiziaria è ufficialmente conclusa.