Il coraggio di Yuliya: la difesa di una tutrice sotto accusa

La storia di una donna che ha accolto e protetto i minori fuggiti dalla guerra in Ucraina. Ora è indagata per violenza privata, estorsione e truffa.

Catania – Dietro la parola tutrice c’è molto più di un incarico formale. C’è una vita spesa tra tribunali, scuole, comunità e famiglie. È la storia di Yuliya Dynnichenko, 45 anni, nata ad Almaty, in Kazakistan, ma ormai da tempo residente in Italia. Una donna conosciuta nel mondo del volontariato e della cooperazione internazionale, che dal 2022 ha dedicato ogni energia alla protezione dei minori orfani ucraini arrivati nel nostro Paese dopo lo scoppio della guerra.

A due anni di distanza, però, quella missione umanitaria è finita sotto la lente della magistratura. Dynnichenko è indagata dalla Procura di Catania per reati che vanno dalla violenza privata alla truffa aggravata. Accuse gravi, che lei respinge con fermezza e che il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Lipera, definisce “incomprensibili e prive di ogni riscontro”.

Nel 2022, mentre milioni di famiglie ucraine cercavano rifugio all’estero, il Consolato Generale dell’Ucraina a Napoli conferì a Yuliya Dynnichenko la funzione di tutrice internazionale per un gruppo di minori rimasti senza genitori. Un incarico riconosciuto anche dall’ordinamento italiano: la Corte di Cassazione, con sentenza n. 17605 del 2023, ha stabilito la piena validità ed efficacia delle nomine provenienti dalle autorità ucraine.

In tutte le guerre i bambini sono le prime vittime, in tutti i sensi

Da allora, la Dynnichenko ha seguito decine di bambini e ragazzi. Li ha accompagnati a scuola, in ospedale, nelle pratiche burocratiche e, in alcuni casi, ha organizzato il loro rientro in patria, sempre – sostiene la difesa – “in accordo con i giudici minorili e con le autorità consolari”.

Dietro ogni pratica, però, si nascondevano tensioni e fraintendimenti: famiglie affidatarie legate affettivamente ai minori, istituzioni italiane e ucraine con competenze sovrapposte e un sistema di tutela internazionale messo a dura prova dall’emergenza bellica. In questo quadro, la figura della tutrice è diventata bersaglio di sospetti e conflitti, spesso amplificati da contrasti personali e da un clima di diffidenza reciproca.

Il nodo principale dell’inchiesta riguarda Ivan Metelsky, uno dei minori affidati a Yuliya. Il ragazzo, accolto in Sicilia dopo l’invasione russa, avrebbe vissuto un periodo difficile nella famiglia affidataria, fino a interrompere la scuola e chiedere apertamente di tornare in Ucraina.

Secondo le memorie depositate dal penalista Lipera fu proprio la Dynnichenko – non la famiglia né altri soggetti – a chiamare la Polizia per gestire la situazione, nel pieno rispetto della legge, quando il minore rifiutò di tornare con i collocatari dopo un’udienza presso il Tribunale per i Minorenni. Gli agenti ascoltarono il ragazzo, redassero un verbale e lo affidarono alla tutrice.

tribunali minori

Pochi giorni dopo, con decreto del 2 aprile 2024, il Tribunale minorile di Catania revocò l’affidamento ai coniugi ospitanti e autorizzò il rimpatrio del giovane, che – divenuto maggiorenne e rientrato a Kiev – ha poi formalmente ritirato la querela presentata in passato, segno – come sottolinea la difesa – di “una volontà di chiudere ogni contenzioso e di una riconciliazione con la realtà dei fatti.”

È la prova – scrive Lipera – che la mia assistita ha agito solo per garantire il superiore interesse del minore, non certo per costringerlo o intimidirlo…”

Ma l’indagine della Procura di Catania non si ferma al caso Metelsky. Secondo l’accusa la tutrice avrebbe chiesto somme di denaro ad alcune famiglie affidatarie per mantenere i minori in Italia o favorirne il ritorno. Per la difesa, invece, si tratta di contributi volontari destinati a progetti umanitari gestiti dall’associazione “I Nuovi Confini”, di cui la Dynnichenko era presidente.

L’associazione, attiva dal 2014, è impegnata nel sostegno psicologico, sanitario e logistico dei bambini di guerra. “Tutte le raccolte fondi – fa sapere l’avvocato Lipera – erano pubbliche, documentate e rendicontate. Nessuna famiglia ha mai sporto denuncia per richieste indebite.”

L’avvocato Giuseppe Lipera

Tra i casi citati, quello della piccola Pavlina Demeter, per la quale venne organizzata una campagna di solidarietà per finanziare le cure mediche. “Le spese sono state effettivamente sostenute e i fondi sono stati usati per la finalità dichiarata.”

L’immagine che emerge è quella di una vicenda complessa, in cui il confine tra burocrazia internazionale, tutela dei minori e dinamiche familiari può diventare sottile. Yuliya Dynnichenko si muoveva in un campo minato, tra decisioni giudiziarie e sentimenti di bambini segnati dalla guerra.

“Oggi – spiega il legale – la mia assistita paga forse il prezzo dell’incomprensione e delle tensioni tra famiglie ospitanti e autorità consolari. Ma non ha mai agito contro la legge né contro la volontà dei minori.”

Nel suo studio di Catania l’avvocato sintetizza così la triste vicenda:

“È una storia di altruismo trasformata in sospetto. Ma la verità giudiziaria dimostrerà che Yuliya Dynnichenko non ha mai smesso di fare ciò che le era stato chiesto: proteggere i bambini.”