Bimba di 18 mesi in carcere con la madre

La donna è stata arrestata nel corso di un blitz antidroga. Sindacati e direzione chiedono strutture più adeguate.

Genova – Una bambina di appena un anno e mezzo si trova da venerdì scorso nel carcere di Pontedecimo, a Genova, insieme alla madre arrestata durante una vasta operazione delle forze dell’ordine contro le organizzazioni dedite allo spaccio di crack nel centro storico del capoluogo ligure. La gravità delle imputazioni e il pericolo di recidiva hanno per ora impedito l’applicazione di misure alternative o degli arresti domiciliari, nonostante la presenza della minore.

L’istituto penitenziario femminile – che conta anche due reparti maschili riservati ai reati sessuali – attualmente ospita 140 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 96 posti. Per accogliere madre e figlia è stato necessario riaprire con urgenza la sezione nido, chiusa da almeno due anni per mancanza di casi analoghi.

Fabio Pagani, responsabile regionale del sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria, ha lanciato un appello urgente alle istituzioni affinché si trovi una sistemazione più appropriata. “Le colleghe sono professionali e dedicate, ma la situazione è dilaniante dal punto di vista umano”, ha dichiarato Pagani, sottolineando le carenze strutturali: “Il nido è stato riattivato precipitosamente dopo una lunga chiusura, con problemi di riscaldamento e umidità. Inoltre manca l’assistenza medica notturna: dopo le 23 non c’è personale infermieristico fino alle 7 del mattino”.

La sezione nido è fisicamente distinta dal resto della struttura e comprende tre stanze che rimangono aperte durante il giorno, con un’area giochi e accesso a uno spazio esterno. La sorveglianza è affidata esclusivamente ad agenti donne, mentre le celle vengono chiuse solo nelle ore serali.

Anche la direzione del penitenziario si sta attivando per risolvere la situazione. Un possibile trasferimento presso l’Istituto a custodia attenuata (Icam) di Torino è al vaglio, ma necessita dell’autorizzazione del magistrato competente.

Secondo l’ultima rilevazione dell’associazione Antigone, nel 2024 risultavano 19 bambini sotto i tre anni detenuti con le madri negli istituti italiani, in leggero aumento rispetto ai 17 del 2023 ma in netta diminuzione rispetto ai 48 registrati a fine 2019. Il calo è attribuibile principalmente al maggiore ricorso a misure alternative alla detenzione ordinaria.

La normativa italiana prevede tre opzioni per le madri detenute con figli: dalla gravidanza fino al primo compleanno del bambino, quando le esigenze cautelari lo consentono, la destinazione prevista sono gli Icam, strutture a custodia attenuata istituite nel 2011. Nel Paese ne esistono cinque operativi: Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Lauro, Torino e Cagliari (quest’ultimo mai attivato). Dai 18 mesi ai 3 anni, la legge permette la permanenza del minore in carcere con la genitrice, in apposite sezioni nido o celle attrezzate.

“Il decreto sicurezza ha reso ancora più rigide queste situazioni”, ha concluso Pagani. “Rivolgo un appello ai decisori politici: questa barbarie dei bambini dietro le sbarre deve finire subito”.

Che una bambina di 18 mesi debba vivere in un carcere sovraffollato, in una sezione riaperta d’urgenza dopo anni di chiusura, con problemi di umidità e senza assistenza sanitaria notturna, è la fotografia impietosa di un sistema che fatica a bilanciare esigenze di sicurezza e tutela dei più vulnerabili. Una bambina non può essere considerata un danno collaterale nella lotta alla criminalità.

Le alternative esistono, sulla carta. Ma tra norme e realtà c’è spesso un abisso fatto di burocrazia, mancanza di strutture e rigidità interpretative aggravate da recenti inasprimenti normativi. Urgono risposte concrete e rapide, non proclami. Perché in gioco non ci sono solo principi astratti, ma il futuro di bambini che non hanno scelto dove nascere.