La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Procura generale contro la misura alternativa concessa al detenuto.
Roma – La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Procura generale di Milano che contestava la concessione della semilibertà ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi. Al centro del procedimento vi era un’intervista rilasciata da Stasi alla trasmissione televisiva Le Iene, durante un permesso premio ottenuto per motivi affettivi.
La Procura sosteneva che il detenuto avesse abusato del beneficio concessogli, utilizzando il permesso per ottenere visibilità mediatica in un momento in cui erano in corso nuove indagini preliminari legate allo stesso delitto. Secondo l’accusa, l’intervista costituiva una violazione delle finalità del permesso e un comportamento incompatibile con il percorso trattamentale intrapreso.
Il Tribunale di sorveglianza di Milano, nel concedere la semilibertà l’11 aprile 2025, aveva invece valutato l’episodio in modo analitico, considerando i contenuti dell’intervista, la sua forma, e le relazioni degli operatori penitenziari. Nella sua ordinanza aveva escluso che l’iniziativa mediatica violasse le prescrizioni previste per i benefici penitenziari.
La Cassazione, con sentenza della Prima sezione penale depositata il 7 ottobre 2025, ha confermato la legittimità di quella decisione, giudicando infondato il ricorso della Procura. I giudici supremi hanno riconosciuto che il Tribunale aveva motivato correttamente la sua scelta, valutando non solo la gravità del reato ma anche l’evoluzione della personalità del condannato e il suo comportamento intramurario.
Nella sentenza si legge che l’intervista rilasciata a Le Iene non ha travalicato i limiti della continenza e non ha rappresentato un ostacolo tale da compromettere il percorso rieducativo. Il Tribunale aveva anche rilevato alcune criticità residue nella personalità del condannato, legate alla tendenza a presentare di sé un’immagine positiva e a proteggersi, ma tali aspetti sono stati considerati parte di un percorso ancora in evoluzione e non sufficienti a impedire l’accesso alla misura alternativa.
La semilibertà concessa a Stasi è stata confermata come legittima, anche alla luce dei controlli stringenti a cui è sottoposta, e rappresenta una fase del trattamento penitenziario soggetta a costante monitoraggio.