Perquisiti anche casa e ufficio del pm Mazza. L’ex pubblico ministero di Pavia avrebbe ricevuto benefit e auto di lusso in cambio di incarichi.
Pavia – Si allarga il cerchio delle indagini su Mario Venditti, ex procuratore aggiunto di Pavia. All’accusa di corruzione in atti giudiziari per il caso Garlasco – in cui avrebbe favorito l’archiviazione di Andrea Sempio nell’omicidio di Chiara Poggi – si aggiunge ora un secondo filone investigativo nell’ambito dell’inchiesta Clean. La Procura di Brescia lo ha iscritto nel registro degli indagati lo scorso maggio per altri episodi corruttivi.
Il nuovo fronte accusatorio riguarda Esitel, società che per anni ha gestito le intercettazioni telefoniche presso la Procura pavese e fornito veicoli per appostamenti investigativi. Già nel 2017 la stessa azienda era finita sotto inchiesta a Brescia – un’indagine poi archiviata – per sospette fughe di informazioni riservate provenienti dalle intercettazioni, finite fuori dai canali previsti dalla legge.
Secondo l’accusa Venditti avrebbe ottenuto un’automobile a condizioni vantaggiose per favorire i vertici di Esitel. Ma il quadro delineato dagli inquirenti è più ampio: l’ex magistrato, coadiuvato da collaboratori di fiducia, avrebbe orchestrato una presunta gestione opaca delle risorse economiche della Procura di Pavia.
Gli investigatori parlano di un “sistema particolarmente radicato” che per anni avrebbe intrecciato magistratura, politica locale, mondo imprenditoriale e forze di polizia nella città lombarda.
Nell’ambito dello stesso filone investigativo risulta indagato per peculato e corruzione in atti giudiziari anche Pietro Paolo Mazza, ex pubblico ministero di Pavia ora trasferito alla Procura di Milano. La Guardia di Finanza ha perquisito oggi la sua abitazione e il suo ufficio meneghino, cercando documentazione su presunte spese per vetture di lusso e altri vantaggi ricevuti nel 2019 proprio da Esitel.
L’ipotesi degli inquirenti è che Mazza avrebbe concesso incarichi alla società in cambio di benefit personali, perpetuando quel presunto meccanismo di scambi illeciti che avrebbe caratterizzato la gestione della Procura pavese in quegli anni. Un sistema che ora la magistratura bresciana sta cercando di smontare pezzo per pezzo.