Montecitorio salva Nordio, Piantedosi e Mantovano con voto segreto. Solo Italia Viva tra le opposizioni si schiera a favore dell’esecutivo.
Roma – L’Aula di Montecitorio ha respinto l’autorizzazione a procedere contro i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, finiti sotto inchiesta per la gestione del caso Almasri. Il generale libico, accusato di crimini contro l’umanità, era stato fermato in Italia per poi essere rapidamente rilasciato e rimpatriato, scatenando un acceso dibattito politico e giudiziario.
La decisione è arrivata attraverso votazione segreta, con la partecipazione in Aula anche della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La compagine di centrodestra – Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati – ha votato compattamente contro la richiesta avanzata dal Tribunale dei ministri. A sostenere l’esecutivo sono stati però anche alcuni “franchi tiratori” provenienti dalle file dell’opposizione.
Uno scenario insolito ha caratterizzato il fronte delle minoranze: tra i partiti che non sostengono il governo, soltanto Italia Viva aveva preannunciato il proprio voto contrario all’autorizzazione a procedere, schierandosi di fatto a difesa del ministro dell’Interno. Le altre forze di opposizione hanno invece sostenuto la richiesta del Tribunale dei ministri.
Subito dopo l’esito del voto, il Guardasigilli Carlo Nordio non ha risparmiato critiche durissime ai magistrati del Tribunale dei ministri. “Da modesto giurista, lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”, ha dichiarato il ministro della Giustizia nel Transatlantico di Montecitorio.
Nordio ha poi espresso l’auspicio che anche la posizione della deputata Bartolozzi – indagata dalla Procura di Roma per false dichiarazioni ai pm sempre nell’ambito della vicenda Almasri – possa risolversi positivamente “così come questo capitolo”.
La vicenda del generale libico continua dunque a produrre strascichi politici e giudiziari, mentre il governo può tirare un sospiro di sollievo dopo aver evitato un processo che avrebbe potuto mettere in difficoltà tre figure chiave dell’esecutivo.