Decine di migliaia di persone hanno invaso le strade della città, mentre le autorità hanno intensificato perquisizioni e blocchi preventivi.
Roma – La Capitale si ferma per accogliere una delle mobilitazioni più imponenti degli ultimi mesi. L’ondata umana che si riversa nelle strade romane a sostegno della causa palestinese assume proporzioni straordinarie, creando problemi logistici sin dalle prime ore del raduno.
La situazione diventa critica già prima dell’inizio ufficiale del corteo. Piazza di Porta San Paolo trabocca di manifestanti al punto che la testa del corteo è costretta a muoversi lungo viale Aventino per alleggerire la pressione, mentre dal Circo Massimo continuano ad affluire migliaia di persone che si fondono con chi è già in movimento.
Il clima si surriscalda quando gli organizzatori lanciano l’allarme attraverso i social: pullman provenienti dalla Toscana risultano bloccati al casello di Roma Nord, mentre controlli a tappeto vengono segnalati su tutti gli assi di accesso alla città. Anche nelle stazioni ferroviarie scatta l’operazione sicurezza, con perquisizioni capillari sui viaggiatori appena scesi dai treni.
L’intervento delle forze dell’ordine produce risultati concreti: un’auto e due pullman vengono fermati ai caselli autostradali, dove gli agenti scoprono maschere antigas, aste metalliche e mazze di legno. Il materiale viene immediatamente sequestrato e i circa sessanta occupanti dei veicoli vengono condotti negli uffici di polizia, con il rischio di un foglio di via dalla provincia.
Nonostante le difficoltà, la manifestazione prende vita con energia dirompente. Gli striscioni che aprono il corteo sono inequivocabili nel loro messaggio di solidarietà e nel condannare quella che i manifestanti definiscono una complicità internazionale. Dal megafono arriva l’invito a esporre esclusivamente la bandiera palestinese, evitando simboli di partiti o sindacati.
La composizione della folla sorprende per la sua eterogeneità: studenti universitari camminano accanto a pensionati, famiglie con bambini si mescolano ad attivisti di lungo corso. Molti indossano la kefiah, mentre i cori in italiano e arabo si alternano creando un’atmosfera carica di emozione.
Il dispositivo di sicurezza messo in campo dalle autorità è massiccio: bonifiche lungo tutto il percorso avviate sin dalle prime ore del mattino, autobus deviati, strade chiuse e divieti di sosta. Il tragitto che attraversa il cuore della città – dall’Aventino al Colosseo, fino a piazza San Giovanni – viene presidiato costantemente da polizia e carabinieri.
Mentre il corteo si snoda per le vie della Capitale, una cosa appare chiara: il conflitto mediorientale continua a mobilitare settori consistenti della società italiana, trasformando Roma in un palcoscenico di protesta che non lascia indifferenti.