Rivoluzione venatoria al Senato: fucili in spiaggia e l’uccisione di specie protette

Il disegno di legge in discussione alle Commissioni Ambiente e Agricoltura rischia di stravolgere trent’anni di tutela faunistica.

Roma – Torna in auge la controversa riforma della caccia italiana con emendamenti che fanno tornare sulla scena le proposte più discusse. Dopo mesi di polemiche e l’iniziale marcia indietro su alcuni contenuti esplosivi, la maggioranza rilancia con modifiche che potrebbero rivoluzionare il sistema di protezione della fauna selvatica costruito negli ultimi trent’anni.

La novità più clamorosa riguarda l’estensione dell’attività venatoria al demanio marittimo. Gli emendamenti depositati aprono la possibilità di cacciare nelle aree costiere, trasformando le spiagge libere in potenziali zone di tiro. Una proposta che ha scatenato immediate reazioni negative da parte delle associazioni ambientaliste, preoccupate per le implicazioni sulla sicurezza dei bagnanti e sulla fruizione pubblica delle coste.

L’inclusione delle aree litoranee nei piani faunistico-venatori rappresenterebbe una svolta epocale nella gestione del territorio costiero italiano, tradizionalmente considerato patrimonio inalienabile della collettività.

Altrettanto controverso è il declassamento del lupo dall’elenco delle specie particolarmente protette. La modifica, che interessa anche lo sciacallo dorato, segue la scia delle decisioni europee ma incontra la ferma opposizione degli ecologisti, che vedono in questa mossa un pericoloso precedente per future deregolamentazioni.

La rimozione delle protezioni speciali per il predatore simbolo degli Appennini potrebbe aprire scenari inediti per la gestione di una specie che solo negli ultimi decenni ha recuperato terreno dopo essere stata sull’orlo dell’estinzione.

Un altro capitolo delicato riguarda il riassetto istituzionale degli organi scientifici. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale passerebbe dalla vigilanza del Ministero dell’Ambiente direttamente sotto la Presidenza del Consiglio, mentre le Regioni acquisirebbero maggiori poteri attraverso nuovi istituti regionali per la Fauna Selvatica.

Parallelamente, il Ministero dell’Agricoltura vedrebbe nascere un apposito “Ufficio Caccia” con funzioni di coordinamento tecnico-scientifico, completando una riorganizzazione che gli ambientalisti interpretano come un indebolimento dell’approccio conservazionista.

“Un attacco frontale al sistema di tutela della biodiversità”, così il WWF definisce il pacchetto di emendamenti, annunciando battaglia parlamentare. L’organizzazione ambientalista, forte di 90mila firme raccolte con la petizione “Stop Caccia Selvaggia”, denuncia il rischio di sacrificare l’interesse collettivo per convenienze elettorali.

La comunità scientifica ornitologica italiana ha bollato il disegno di legge come “anti-scientifico” e un “ritorno al Medioevo”, evidenziando il contrasto tra le proposte legislative e le più moderne acquisizioni in materia di conservazione.

Il percorso del DDL caccia rivela le tensioni interne alla maggioranza tra spinte liberalizzatrici del mondo venatorio e preoccupazioni ambientaliste dell’opinione pubblica. Dopo l’iniziale ridimensionamento delle proposte più controverse, il rilancio attraverso gli emendamenti parlamentari sembra configurare una strategia a tappe per aggirare le resistenze.

Le prossime settimane in Commissione saranno decisive per capire se prevarrà la linea della deregolamentazione o se il confronto parlamentare produrrà mediazioni in grado di contemperare le diverse esigenze in gioco.