Il detenuto che ha aggredito Turetta è stato trasferito

Il femminicida di Giulia Cecchettin colpito al volto da Cesare Dromì, detenuto di lungo corso con legami criminali.

Verona – La vita carceraria di Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, si è complicata alla fine di agosto quando è stato vittima di un’aggressione fisica all’interno del penitenziario di Montorio Veronese. L’episodio ha coinvolto un detenuto di particolare pericolosità e ha sollevato interrogativi sulla gestione della sicurezza interna negli istituti di pena.

A sferrare il colpo contro Turetta è stato Cesare Dromì, un detenuto di 55 anni originario di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Il profilo di Dromì è quello di un criminale incallito, con un curriculum giudiziario che include condanne per omicidio, tentato omicidio e rapina. Ma ciò che rende ancora più significativo questo episodio sono i suoi consolidati legami con la criminalità organizzata calabrese.

Dromì non è un semplice detenuto comune: la sua storia criminale è intrecciata con ambienti della ‘ndrangheta, fatto che lo ha sempre reso un soggetto ad altissima pericolosità all’interno del sistema carcerario. Nel corso degli anni, il 55enne si è costruito una reputazione di violenza e imprevedibilità che lo ha accompagnato in tutti gli istituti dove è stato recluso.

L’episodio si è verificato durante uno dei momenti di socialità consentiti ai detenuti, quando Turetta si trovava nel reparto destinato ai carcerati comuni. In questa fase del suo percorso detentivo, il giovane condannato per femminicidio aveva evidentemente abbandonato il regime di isolamento iniziale.

Secondo le ricostruzioni effettuate dal personale penitenziario, l’aggressione è scaturita improvvisamente. Dromì si è avvicinato a Turetta e lo ha colpito con un pugno diretto al volto, provocandogli una lesione al labbro. Il gesto è apparso agli osservatori come completamente inaspettato, tanto da cogliere di sorpresa gli stessi agenti presenti.

Le motivazioni dell’attacco rimangono in parte oscure. Alcune fonti interne al carcere suggeriscono che Dromì possa aver interpretato alcuni sguardi di Turetta come provocatori o comunque fastidiosi.

L’intervento del personale di polizia penitenziaria è stato immediato. Gli agenti hanno separato i due detenuti e hanno fornito le prime cure a Turetta, la cui ferita è stata giudicata superficiale ma ha comunque richiesto medicazione. Dal punto di vista medico, l’episodio non ha avuto conseguenze gravi.

Per Dromì sono scattate immediatamente le sanzioni disciplinari previste dal regolamento carcerario. Il 55enne è stato posto in isolamento per un periodo di 15 giorni, una misura standard per questo tipo di infrazioni ma che nel suo caso si è rivelata problematica.

Una volta collocato in cella di isolamento, il detenuto ha iniziato una forma di protesta estrema, rifiutando cibo, acqua e persino i farmaci eventualmente necessari.

Questa condotta ha creato ulteriori preoccupazioni per le autorità penitenziarie, che si sono trovate a gestire non solo le conseguenze dell’aggressione ma anche il comportamento autolesionistico del suo autore. La situazione si è protratta per diversi giorni, durante i quali Dromì ha mantenuto un atteggiamento di totale chiusura.

La soluzione è arrivata il 24 settembre, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha deciso per il trasferimento di Dromì presso il carcere di Santa Bona, a Treviso.