Due giovani migranti morti per intossicazione da carburanti

Soccorse 46 persone dalla Guardia di Finanza: altri tre casi gravi di avvelenamento. Cresce l’allarme per i flussi migratori e la violenza in mare.

Lampedusa – La traversata nel Mediterraneo centrale continua a mietere vittime. Due giovani migranti hanno perso la vita durante la traversata verso le coste italiane, probabilmente a causa dell’inalazione di vapori tossici e dell’avvelenamento da combustibili durante il viaggio su un’imbarcazione di fortuna.

L’episodio si è verificato su un natante lungo appena otto metri che trasportava 46 persone, soccorso nelle prime ore della notte dalle unità della Guardia di Finanza. Le salme sono state trasferite al molo Favaloro, dove si trovano ancora i resti mortali di un cittadino bengalese recuperato la settimana scorsa.

Gli operatori sanitari del presidio medico lampedusano hanno dovuto curare altre tre persone colpite da gravi forme di intossicazione. Il personale sanitario locale ha ormai acquisito una drammatica esperienza nel trattamento di questi casi, sempre più frequenti tra i naufraghi.

Il quadro clinico presenta caratteristiche peculiari: all’avvelenamento da idrocarburi si associa una forma di intossicazione da metaemoglobina, curabile unicamente con blu di metilene. Si tratta di una sindrome non ancora completamente descritta nella letteratura medica internazionale, la cui origine rimane oggetto di studio.

Gli specialisti ipotizzano diverse cause scatenanti: l’esposizione prolungata ai combustibili utilizzati per la navigazione, le sostanze chimiche delle vernici navali o una combinazione letale di questi elementi con l’acqua marina. Quello che è certo è che ogni intervento richiede tempestività assoluta per salvare vite umane.

Nonostante la scarsa copertura mediatica che ha reso meno visibile la crisi umanitaria in corso, i dati mostrano un significativo aumento degli sbarchi rispetto ai periodi precedenti. Solo nelle ultime ventiquattro ore sono giunte sull’isola circa trecento persone, tra cui gestanti e neonati.

Il bilancio delle vittime si allunga quotidianamente come una litania di morte. Appena venti giorni fa, a ridosso della strage del 13 agosto che ha causato 23 decessi accertati e la scomparsa di altre 15-20 persone a poche miglia dalla terraferma, l’imbarcazione dell’ONG Nadir ha recuperato un’altra imbarcazione sovraccarica.

A bordo giacevano i corpi senza vita di tre sorelle di 9, 11 e 17 anni, i cui familiari superstiti hanno chiesto per giorni di poter rivedere le salme per l’ultimo saluto.

Escalation di violenza in mare aperto

La situazione nel bacino mediterraneo si è ulteriormente complicata a causa delle crescenti tensioni con le autorità libiche. Le milizie costiere di Tripoli hanno minacciato e aperto il fuoco contro le navi delle organizzazioni umanitarie, come accaduto alla Ocean Viking.

Quest’aggressività si sta estendendo anche contro le precarie imbarcazioni dei migranti. I quattordici adulti soccorsi ieri al largo dell’isola, che viaggiavano insieme a sette minori, hanno testimoniato di essere stati bersaglio di colpi d’arma da fuoco.

Il gruppo era salpato da Zuahara da appena mezz’ora quando un motoscafo ad alta velocità ha iniziato a sparare contro di loro, costringendoli a una fuga disperata verso le acque internazionali.

Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica si concentra su altri temi, la rotta del Mediterraneo centrale continua a rappresentare uno dei corridoi migratori più pericolosi al mondo. L’isolamento informativo dell’isola di Lampedusa ha contribuito a rendere meno visibili tragedie che si ripetono con frequenza drammatica.

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