Fine di un’era per lo storico centro sociale mentre nel quartiere sud-est si prepara la battaglia tra sviluppo urbano e attività storiche.
Milano – Si chiude definitivamente un capitolo della storia milanese. Dopo 133 tentativi falliti e trent’anni di occupazione, ieri mattina il Leoncavallo è stato sgomberato. L’operazione, condotta da polizia e carabinieri, ha trovato gli spazi di via Watteau completamente vuoti, segnando così la fine di una delle più longeve esperienze di centro sociale della città.
La premier Giorgia Meloni non ha tardato a commentare: “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole”. Una linea ribadita dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha parlato di “fine di una lunga stagione di illegalità” e di “tolleranza zero verso le occupazioni abusive”.
Il sindaco Sala: “Non siamo stati avvertiti”
Dura la reazione del sindaco Beppe Sala, che ha denunciato di non essere stato informato dell’operazione: “L’intervento era previsto per il 9 settembre. Come Comune avevamo continuato un confronto con i responsabili del Leoncavallo che portasse alla piena legalità”. Il primo cittadino ha riconosciuto al centro sociale “un valore storico e sociale nella nostra città” e ha confermato la volontà di mantenere “aperta l’interlocuzione con i responsabili”.

L’operazione ha comportato un costo salato per lo Stato: la Corte d’Appello di Milano ha condannato il Ministero dell’Interno a risarcire oltre 3,3 milioni di euro alla proprietà dell’immobile per i ritardi negli sgomberi. Le “Mamme del Leoncavallo” hanno ora 30 giorni per recuperare i beni presenti nella struttura.
Porto di Mare, la nuova sfida abitativa
Mentre si chiude il capitolo Leoncavallo, si apre quello delle case low cost a Porto di Mare. Il Comune ha lanciato un avviso esplorativo per la realizzazione di nuovi alloggi a prezzi accessibili nell’area sud-est della città, ma il progetto si scontra con la presenza di attività storiche del territorio.
Lo Sporting Corvetto, presente dal 1971, e l’azienda Cagnetti Imballaggi, attiva dal 1957, continuano a pagare regolarmente l’affitto al Comune ma rischiano lo sfratto per fare spazio alle nuove costruzioni. “Ci vogliono cacciare proprio quando è scoppiata la Sinner Mania?” protesta lo Sporting Corvetto, che ha già presentato ricorso al Tar.
Nell’immediatezza dei fatti, l’ormai ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi aveva confermato l’intenzione di “procedere con la ripresa in consegna delle aree”, destinate al Piano straordinario per la Casa, garantendo alle attività presenti la possibilità di individuare nuove aree.

Il consigliere di Forza Italia Alessandro De Chirico solleva un punto cruciale: “È incomprensibile che non si sia cercato di tutelare gli imprenditori che hanno investito migliaia di euro per rendere funzionale un’area nota per lo spaccio. Ora che Porto di Mare è destinata alle nuove case, si potrebbero considerare quegli insediamenti che da decenni hanno reso la zona meno deserta”.
La vicenda del Leoncavallo e quella di Porto di Mare sembrano raccontare la stessa storia da prospettive opposte: da un lato la fine di un’occupazione trentennale, dall’altro il tentativo di sgomberare attività regolari per far posto a nuovi progetti. In entrambi i casi, Milano si confronta con il difficile equilibrio tra legalità, storia e sviluppo urbano.