La Corte d’Appello di Roma chiude il processo per la morte del 40enne dopo 13 anni. Disposto il risarcimento danni per la famiglia.
Roma – La lunga battaglia legale per la morte di Bernardino “Dino” Budroni si conclude con la prescrizione del reato. La Corte d’Appello di Roma ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti dell’agente di polizia Michele Paone, accusato di omicidio colposo per la morte del 40enne di Fonte Nuova.
I fatti risalgono alla notte tra il 29 e 30 luglio 2011, quando Budroni fu ucciso da un colpo di pistola sparato dall’agente al termine di un drammatico inseguimento lungo il Grande Raccordo Anulare. L’episodio ebbe origine da una violenta discussione tra Budroni e la sua ex fidanzata in via Quintilio Varo, a Cinecittà. La donna, che aveva già denunciato l’uomo per stalking, chiamò le forze dell’ordine che rintracciarono Budroni sul GRA, dando inizio a un inseguimento ad alta velocità che si concluse tragicamente.
Il processo ha attraversato un iter giudiziario complesso durato oltre un decennio. Nel 2014, Paone era stato assolto in primo grado, ma nel secondo grado di giudizio era arrivata una condanna a 8 mesi. La Cassazione aveva successivamente disposto l’annullamento con rinvio, portando al processo di appello bis conclusosi ieri a piazzale Clodio.
Durante l’udienza, la Procura Generale aveva chiesto l’assoluzione di Paone per uso legittimo di armi ma i giudici della seconda sezione penale hanno optato per la dichiarazione di prescrizione. Nonostante ciò, la Corte ha condannato l’agente al risarcimento del danno nei confronti della madre e della sorella della vittima, assistite dall’avvocato Sabrina Rondinelli.
“Questa sentenza di oggi non restituisce Budroni alla famiglia ma siamo comunque contenti per il risarcimento del danno, che è comunque un piccolo segnale”, ha commentato all’Adnkronos il legale della famiglia.