Sei giorni dopo l’omicidio Mailyn Castro è crollata e ha chiamato il 112. I lividi sulle braccia: “Me li ha fatti Lorena”. I verbali choc della madre: “Avrei abbandonato i suoi resti in montagna”.
Gemona del Friuli (Udine) – Colpo di scena nell’omicidio di Alessandro Venier, il 35enne ucciso e fatto a pezzi nella villetta di famiglia. La confessione della madre, Lorena Venier, aveva indirizzato le indagini su un gesto perpetrato di comune accordo e insieme alla nuora, Mailyn Castro Monsalvo, un’azione “disperata” per salvare quest’ultima e la nipotina dalle presunte continue violenze dell’uomo. Ma ora emerge un nuovo elemento: la registrazione di una telefonata fatta da Mailyn al 112, e che cambia la ricostruzione dei fatti.
Secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, sarebbe stata Mailyn Castro a chiamare il 112 il 31 luglio, sei giorni dopo l’omicidio. “Il piano era attendere poi far sparire i resti, ma ha avuto una crisi”, avrebbe detto Lorena Venier. La donna ha chiamato il numero di emergenza e all’operatore ha detto: “Mia suocera ha ucciso il figlio”. Poi si sente un litigio: “No, Lorena, no”. Forse Lorena tentava di strapparle il telefono di mano. Sulle sue braccia sono stati individuati alcuni lividi.
Quando i carabinieri sono arrivati nella villetta, Lorena avrebbe cercato di impedire alla nuora di parlare. Poco dopo il corpo di Alessandro Venier è stato rinvenuto in garage: smembrato e nascosto in un bidone, ricoperto con calce viva acquistata pochi giorni prima online.
Il movente: la fuga in Colombia e la paura per la bambina
Secondo la ricostruzione della madre, il delitto sarebbe stato compiuto per evitare la partenza di Mailyn e della nipotina per la Colombia, insieme ad Alessandro. Un trasferimento che, a suo dire, avrebbe messo in pericolo la loro vita.
Lorena, infermiera molto conosciuta nella cittadina friulana, ha ammesso tutto davanti al pm: “So di aver fatto una cosa mostruosa. Ma era l’unico modo per salvarle”. Lei e la nuora, ha raccontato agli inquirenti, avrebbero prima sciolto un narcotico nella limonata, poi – vedendo che l’uomo era ancora vigile – Lorena gli avrebbe iniettato due dosi di insulina.
Infine, secondo la sua versione, sarebbe stata Mailyn a stringere i lacci delle scarpe intorno al collo del compagno, portando a termine l’omicidio. Quindi il corpo è stato sezionato in tre parti con un’ascia e messo nel bidone e portato in garage, coperto di calce viva per mascherare l’odore della putrefazione e non destare sospetti tra i vicini. Il corpo, quando è stato trovato, era lì da cinque giorni. Dove lo smembramento sia avvenuto, però, è tutt’altro che chiaro: in casa infatti non sono state trovate tracce di sangue né riscontri biologici.
I lividi di Mailyn: “Me li ha fatti mia suocera”
Ma l’avvocata di Mailyn mette in discussione questa versione. La trentenne colombiana, madre della bimba di sei mesi, presenta lividi evidenti sulle braccia: “Me li ha fatti mia suocera”, avrebbe dichiarato. Un elemento che, se fosse confermato, potrebbe costringere a rivedere l’entità del rapporto tra le due e rimettere almeno in parte in discussione il ruolo di vittima e carnefici.
Il passato violento di Alessandro Venier
Molte restano le ombre in questa terribile vicenda, a cominciare dal rapporto tra Venier e la compagna. Fonti investigative confermano che Alessandro Venier aveva effettivamente precedenti per aggressioni ed era stato licenziato per aver picchiato un collega. Un dettaglio che, per gli inquirenti, potrebbe confermare il clima familiare di violenza descritto da Lorena Venier. Secondo quanto emerso nei giorni scorsi, l’uomo avrebbe affrettato la partenza per la Colombia per evitare l’imminente condanna, che gli avrebbe impedito l’espatrio.
Nella fedina penale di Venier ci sarebbero, peraltro, anche diverse denunce per coltivazione di sostanze illecite, recupero non autorizzato di residuati bellici, esibizionismo e maltrattamento di animali. Quando ancora frequentava le scuole superiori, gli era stato anche contestato il reato di procurato allarme e quello di minacce.
“Avrei lasciato i suoi resti in montagna” . Oggi l’incarico per l’autopsia
Dagli interrogatori di Lorena emergono poi altri particolari sempre più agghiaccianti. “Pensavo che con il tempo si sarebbe consumato”, ha detto la donna agli inquirenti riferendosi al corpo immerso nella calce viva. “Poi lo avrei portato in montagna per abbandonarlo lì, dove lui diceva che voleva fossero destinate le sue spoglie”, ha aggiunto. Ed esclude l’intervento di altri nell’omicidio: “Pensavamo di poter fare tutto da sole. Una volta sezionato, sarebbe bastato attendere che si consumasse prima di portarlo in montagna”, ha ribadito Lorena.
Ma davvero le due donne hanno portato a termine il piano senza nessuna collaborazione da parte esterna? Resta da chiarire dove Alessandro è stato ucciso e dove è stato smembrato. Le risposte agli interrogativi lasciati aperti, e la ricostruzione della dinamica esatta dell’omicidio, potrebbero arrivare dopo l’autopsia sul corpo del 35enne: l’incarico per effettuarla sarà conferito oggi, lunedì 4 agosto.