Alessandro Venier

Gemona, domani l’incarico per l’autopsia sul corpo di Venier. Tutti i misteri della “villetta dell’orrore”

Convalidato l’arresto di madre e compagna, che hanno confessato l’omicidio. Le indagini proseguono tra interrogativi su come e dove il corpo sia stato fatto a pezzi.

Udine – Sarà conferito domani, lunedì 4 agosto, l’incarico per l’autopsia sul corpo di Alessandro Venier, il 35enne ucciso e fatto a pezzi nella sua abitazione di Gemona del Friuli (Udine). A confermarlo è l’avvocata Federica Tosel, legale della madre Lorena Venier, che ha ammesso di aver partecipato all’omicidio assieme alla nuora Mailyn Castro Monsalvo, convivente della vittima.

Alla procedura parteciperà anche un perito della difesa, che sarà nominato nelle prossime ore.

Un racconto macabro e ancora pieno di zone d’ombra

Secondo quanto emerso dalle indagini, Lorena Venier ha dichiarato di aver sezionato il corpo del figlio all’interno della casa. Eppure, come riferisce la Procura di Udine, nelle stanze dell’abitazione non sono state trovate tracce di sangue rilevanti, un dettaglio che solleva forti dubbi sulla veridicità o sulla completezza della sua confessione.

Nessun altro sarebbe stato coinvolto nel delitto o nella successiva gestione del cadavere: è questa la linea che la 61enne infermiera ha ribadito anche davanti al giudice durante l’udienza di convalida dell’arresto. Tuttavia, resta da chiarire in che modo e dove sia stato realmente compiuto lo smembramento, considerata la mancanza di riscontri biologici nella casa.

Il cadavere in garage, nascosto in un bidone con calce viva

Secondo la ricostruzione investigativa, il corpo di Alessandro Venier giaceva da cinque giorni in un bidone nell’autorimessa dell’abitazione, coperto con calce viva nel tentativo di attenuare l’odore della decomposizione e non destare sospetti tra i vicini. Una soluzione temporanea, che fa supporre che le due donne avessero in mente un piano più articolato per disfarsi definitivamente del cadavere.

Un elemento che alimenta ulteriori dubbi sulle intenzioni delle due donne è il fatto che Alessandro avesse annunciato agli amici di voler espatriare in Colombia, notizia che avrebbe potuto giustificare la sua improvvisa scomparsa, almeno per un certo periodo.

Il movente e il tentativo di fuga dalla condanna

Quanto al movente, la madre della vittima ha chiarito di aver agito su richiesta della nuora, che non sopportava più i suoi atti di violenza. “La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere”, ha dichiarato Lorena Venier, spiegando così l’omicidio del figlio, avvenuto alla vigilia della partenza per la Colombia dove sarebbe dovuto andare con la compagna e la figlioletta.

La ragione dell’espatrio sarebbe da ricercare, come è emerso dalle prime indagini, per evitare una imminente condanna per lesioni personali gravi.  Nella fedina penale di Venier c’erano anche diverse denunce per coltivazione di sostanze illecite attività non autorizzata di recupero di residuati bellici. Quando ancora frequentava le scuole superiori, gli era stato contestato il reato di procurato allarme e quello di minacce. Lunga la lista dei suoi guai nel tempo: da un episodio violento nei confronti di un ex collega in paese all’esibizionismo, passando per il maltrattamento di animali.

La condanna stava per diventare esecutiva e gli avrebbe impedito l’espatrio, da qui l’esigenza di affrettare il trasferimento definitivo in Colombia assieme alla compagna e alla loro bambina di sei mesi. Una fuga interrotta proprio il giorno prima della partenza, quando Alessandro è stato ucciso e fatto a pezzi. L’autopsia chiarirà i dettagli dell’orrore.

Intanto, Lorena Venier e Mailyn Castro Monsalvo restano in carcere: il loro arresto è stato convalidato.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa