Il governo punta a trattenere i camici bianchi nel pubblico con tutele legali, incentivi economici e una rivoluzione nella formazione dei medici di base.
Il settore sanitario italiano si prepara a una trasformazione radicale. Lunedì approda in Consiglio dei ministri il disegno di legge delega che ridisegna le professioni sanitarie, introducendo lo “scudo penale” per i medici e una serie di misure innovative per contrastare la crescente carenza di personale negli ospedali pubblici.
L’elemento più significativo della riforma è rappresentato dall’articolo 7, che stabilisce la responsabilità penale dei medici solo in caso di colpa grave. Questa misura, già sperimentata durante l’emergenza Covid, diventa ora strutturale nel sistema sanitario italiano. La norma aggiorna la legge Gelli-Bianco del 2017, escludendo la responsabilità civile di strutture e singoli professionisti quando le prestazioni vengono erogate secondo linee guida riconosciute o buone pratiche cliniche consolidate.
Un aspetto particolarmente rilevante è che il giudice potrà considerare nella valutazione dei casi anche la scarsità di risorse disponibili o la complessità clinica specifica della situazione. Questa tutela legale rafforzata mira a rassicurare i medici e a incentivare la permanenza nel servizio pubblico, dove spesso si trovano ad operare in condizioni di stress e con risorse limitate.
Il vero nodo critico è garantire che questa protezione non si trasformi in un privilegio corporativo che sottrae i medici alla responsabilità verso chi subisce danni da negligenza o imperizia. La sfida sarà definire con precisione cosa costituisca “colpa grave”, evitando che criteri troppo permissivi finiscano per lasciare i cittadini senza adeguate tutele in caso di errori medici evitabili.
Incentivi mirati per le specialità in crisi
La riforma affronta direttamente il problema della carenza di specialisti in settori cruciali come medicina d’urgenza, radioterapia, anatomia patologica e anestesia. I dati del 2024 evidenziano la gravità della situazione: oltre il 30% delle borse per medicina d’urgenza è rimasto scoperto, con centinaia di posti vacanti anche in altre discipline fondamentali.
Per invertire questa tendenza preoccupante, il governo introduce un pacchetto di misure attrattive che comprende incentivi economici specifici per le specialità meno ambite, progressioni di carriera accelerate e premi per chi accetta di lavorare in aree geograficamente svantaggiate.
Particolare attenzione viene rivolta agli specializzandi, che potranno essere impiegati con contratti part-time flessibili, compatibili con il percorso formativo, e svolgere incarichi libero-professionali nelle strutture pubbliche pur rimanendo iscritti ai corsi di specializzazione.
La riforma non trascura gli aspetti organizzativi e gestionali. È prevista una significativa semplificazione delle incombenze burocratiche che spesso gravano sui medici, sottraendo tempo prezioso alla cura dei pazienti. Contestualmente, si introduce un sistema di valorizzazione delle performance e meccanismi premianti legati alla riduzione delle liste d’attesa, creando un circolo virtuoso tra qualità del servizio e riconoscimenti professionali.
Forse il cambiamento più radicale riguarda la formazione dei medici di base. Si abbandona il sistema dei corsi regionali triennali, spesso gestiti dal sindacato Fimmg, per passare a vere e proprie scuole di specializzazione universitarie, equiparandole a quelle per gli specialisti ospedalieri.
Negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso circa 6.000 medici di base, un trend che continua inesorabilmente. Il nuovo sistema di formazione universitaria punta a elevare il profilo professionale del medico di famiglia e ad attrarre nuovi professionisti verso un settore sempre più depauperato.
Il principale pericolo è che lo scudo penale, se applicato in modo troppo ampio, possa creare una disparità di trattamento rispetto ad altre professioni e categorie lavorative, trasformando quella che dovrebbe essere una tutela ragionevole in un privilegio corporativo. Diventa quantomai necessario che l’implementazione delle misure previste sia accompagnata da meccanismi di controllo rigorosi e da una definizione chiara dei parametri che distinguono l’errore scusabile dalla negligenza grave.