Vito Lorusso condannato a 5 anni e 500mila euro di risarcimento per aver trasformato la sofferenza dei malati di tumore in un business personale.
BARI – Una carriera medica conclusa dietro le sbarre del carcere di Turi e un conto salato da pagare: mezzo milione di euro di risarcimento. È il bilancio finale della vicenda che ha coinvolto Vito Lorusso, ex primario dell’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari, protagonista di uno dei più gravi scandali sanitari degli ultimi anni nel Sud Italia.
Il 14 maggio 2024, il gup del Tribunale di Bari ha ratificato il patteggiamento dell’oncologo 71enne a 5 anni di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Una condanna che si aggiunge ai 500mila euro di risarcimento stabiliti dalla Corte dei conti per il danno causato all’ospedale oncologico barese.
Un sistema consolidato
Per sei lunghi anni, dal 2017 al 2023, Lorusso ha costruito un sistema fraudolento che trasformava la disperazione dei malati di cancro in una fonte di guadagno illecito. Il meccanismo era tanto semplice quanto paradossale: far credere ai pazienti che prestazioni mediche gratuite, incluse nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), fossero invece a pagamento.
Ventitré pazienti oncologici sono caduti nella trappola, versando denaro per visite, ricoveri e per accelerare pratiche burocratiche che avrebbero dovuto essere gratuite. Il medico sfruttava la vulnerabilità di persone già provate dalla malattia, consapevole che di fronte a una diagnosi di tumore molti sono disposti a pagare qualsiasi cifra pur di avere una speranza in più.
La fine di un inganno
Il castello di carte è crollato il 12 luglio 2023, quando Lorusso è stato arrestato in flagranza di reato mentre incassava 300 euro da una paziente. La donna, però, aveva già denunciato il medico alla polizia, permettendo agli investigatori di documentare il raggiro in tempo reale. Un momento che ha segnato la fine di un sistema che durava da anni e che aveva minato la fiducia in una delle strutture sanitarie più importanti del Mezzogiorno.

L’operazione ha messo in luce la sofferenza di famiglie che, oltre a combattere contro il cancro, si sono trovate vittime di un medico che lucrava sulla loro condizione.
Dalle corsie alle cosche
La vicenda di Lorusso si è ulteriormente complicata a febbraio 2024, quando il medico è finito nuovamente in manette nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno”. Insieme alla figlia Mari Lorusso e al genero Giacomo Olivieri, è accusato di aver contribuito a un patto con i clan baresi per portare voti alla figlia, evidenziando un intreccio inquietante tra malasanità, corruzione e criminalità organizzata.
Questo secondo arresto ha rivelato una rete di connivenze che andava ben oltre le mura dell’ospedale, coinvolgendo dinamiche elettorali e rapporti con ambienti criminali. Un quadro che ha ulteriormente aggravato la posizione dell’ex primario e ha gettato un’ombra ancora più pesante sulla sua figura professionale.
Il conto da pagare
La Corte dei Conti ha quantificato il danno in circa 500mila euro, suddivisi tra le indennità di esclusività illegittimamente percepite nel quinquennio e il danno d’immagine causato all’Istituto Tumori.

La condanna penale a 5 anni di reclusione, diventata definitiva con il patteggiamento, ha portato Lorusso dietro le sbarre del carcere di Turi, dove sta ancora scontando la sua pena.