Autore di capolavori come “La città e i cani”, si è spento a Lima, città dove era tornato a vivere nel 2022, circondato dall’affetto della famiglia. Aveva 89 anni.
Il mondo della letteratura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa, uno dei più grandi scrittori del nostro tempo. Peruviano naturalizzato spagnolo, è morto a 89 anni a Lima, “in pace, circondato dalla sua famiglia”, come ha annunciato il figlio Álvaro. Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, Vargas Llosa lascia un’eredità immensa: romanzi come La città e i cani, La Casa Verde e Conversazione nella Cattedrale hanno ridefinito la narrativa sudamericana, mentre la sua poliedrica attività di saggista, drammaturgo e giornalista ha influenzato generazioni. Cremato come da suo desiderio, senza cerimonie pubbliche, il suo ultimo viaggio si chiude nel quartiere bohémien di Barranco, dove era tornato a vivere nel 2022.
Nato ad Arequipa, in Perù, il 28 marzo 1936, Vargas Llosa si impose negli anni ’60 come voce cardine del “Boom” latinoamericano, accanto a García Márquez, Cortázar e Fuentes. Con La città e i cani (1963), esplorò il microcosmo brutale di un collegio militare, mentre La Casa Verde (1966) intrecciava storie di bordelli e giungle amazzoniche in un mosaico narrativo audace. Conversazione nella Cattedrale (1969) offrì una dissezione del potere e della corruzione, sperimentando una scrittura svincolata dai canoni classici. La sua versatilità brillò in opere successive: dall’umorismo di Pantaleón e le visitatrici (1973) all’erotismo raffinato di Avventure della ragazza cattiva (2006), fino alla riflessione sulla realtà e la finzione in romanzi come Il narratore ambulante (1987).
Nel 2010, l’Accademia di Stoccolma gli conferì il Nobel per la Letteratura, premiando “la sua cartografia delle strutture del potere e le acute immagini della resistenza, rivolta e sconfitta dell’individuo”. Tra i numerosi riconoscimenti, spiccano il Premio Cervantes (1994), il Príncipe de Asturias (1986) e l’ingresso, primo autore ispanofono, nell’Académie Française nel 2023. Qui, Vargas Llosa celebrò la Francia come il luogo dove scoprì “un’altra America Latina”, scrivendo romanzi fondamentali durante gli anni parigini. La sua produzione teatrale, con opere come La signorina di Tacna (1981), e i saggi, come La verità delle menzogne (1990), completano un corpus di straordinaria varietà.
Oltre alla scrittura, Vargas Llosa si distinse per un’instancabile curiosità. Giovane simpatizzante comunista e ammiratore di Castro, negli anni ’70 abbracciò il liberalismo, candidandosi alla presidenza del Perù nel 1990 contro Alberto Fujimori. Sconfitto, si trasferì in Spagna, ottenendo la cittadinanza nel 1993, ma tornò a Lima nel 2022, dove riallacciò il legame con la moglie Patricia nel quartiere di Barranco. La sua passione per il teatro lo portò a recitare, mentre la disciplina e la “voglia di vivere” lo spinsero a lavorare fino agli ultimi giorni, spesso passeggiando con il bastone lungo l’Oceano Pacifico, come un qualsiasi abitante del suo amato quartiere.
La famiglia ha reso noto che Vargas Llosa desiderava una cremazione privata, senza cerimonie pubbliche, un ultimo atto di sobrietà per un uomo che ha vissuto intensamente. “La sua scomparsa rattristerà i lettori in tutto il mondo, ma la sua opera gli sopravviverà”, scrive Álvaro Vargas Llosa. Da La zia Julia e lo scribacchino (1977) a Tempi duri (2019), i suoi romanzi continuano a parlare di potere, amore, ribellione e identità, temi universali che attraversano confini. In Perù, il presidente Dina Boluarte ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale, mentre editori come Alfaguara preparano ristampe commemorative.
Negli ultimi anni, Vargas Llosa era diventato una figura familiare a Barranco, il quartiere bohémien di Lima dove abitava in un appartamento con vista sul Pacifico. I vicini lo descrivevano come un uomo gentile, che leggeva sui balconi o chiacchierava nei caffè, sempre con un libro in mano. La sua ultima apparizione pubblica, a una lettura poetica nel dicembre 2024, aveva commosso il pubblico per la lucidità e l’energia di un autore che non smetteva di creare. “Scrivere è stato il mio modo di resistere al mondo”, aveva detto, sintetizzando una vita dedicata alla parola.