Condizioni di lavoro disumane e violazioni di sicurezza: imprenditrice cinese arrestata a Prato

Operai costretti a turni di 12 ore al giorno 7 giorni su 7. Accusata di sfruttamento della manodopera e autoriciclaggio.

Prato – Un’imprenditrice cinese, legale rappresentante di una S.R.L. attiva nel commercio all’ingrosso di tessuti, è stata arrestata in flagranza di reato dalla Guardia di Finanza, nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Prato. La donna è accusata di sfruttamento della manodopera irregolare, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e autoriciclaggio, in concorso con il datore di lavoro di fatto dell’impresa.

Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, hanno portato all’individuazione dell’azienda situata nella zona Fontanelle di Prato, sospettata di impiegare lavoratori in nero e clandestini. Durante il blitz, i militari hanno identificato sei operai irregolari – quattro di origine cinese e due pakistani – tra cui due cittadini cinesi privi di permesso di soggiorno.

Dagli accertamenti è emerso che i dipendenti erano sottoposti a turni di 12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza riposo settimanale, e venivano pagati in contanti, senza alcuna tutela previdenziale. Gravi violazioni delle norme di sicurezza sono state riscontrate anche dal Gruppo Antisfruttamento dell’ASL Toscana Centro e dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, che hanno confermato il totale disprezzo delle misure di protezione per i lavoratori.

Durante le perquisizioni effettuate presso la sede aziendale e l’abitazione dell’imprenditrice, sono stati rinvenuti e sequestrati:

  • 89.070 euro in contanti, parte dei quali nascosti in un armadio;
  • Tre orologi di lusso (due Patek Philippe e un Rolex) per un valore di circa 160.000 euro.

Tali beni sono stati posti sotto sequestro in quanto ritenuti provento del reato di autoriciclaggio, ipotesi che sarà approfondita nelle prossime fasi investigative.

L’operazione si inserisce nella strategia di contrasto allo sfruttamento lavorativo, all’evasione fiscale e al riciclaggio, con l’obiettivo di colpire chi trae profitto da sistemi illeciti. Diciassette lavoratori sfruttati, di origine cinese e pakistana, hanno già risposto all’appello della Procura denunciando le condizioni di lavoro vessatorie.

Le autorità invitano altri lavoratori in situazioni simili a denunciare le irregolarità per garantire la tutela dei loro diritti.

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