Il tribunale di Sorveglianza di Roma ha aggiornato la data per il cambio del giudice relatore. Il disappunto dei parenti delle vittime.
Roma – Slitta all’8 aprile l’udienza davanti al tribunale di Sorveglianza della Capitale per Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, condannato a 16 anni di reclusione per la tragedia del Giglio, che ha chiesto di accedere al regime di semilibertà. L’udienza era fissata per oggi ma è stata aggiornata per un cambio in corsa del giudice relatore. Schettino,che ha maturato il termine che gli consente di accedere alle misure alternative al carcere avendo già scontato la metà della pena, doveva comparire in videocollegamento dal carcere di Rebibbia all’udienza che si doveva celebrare a porte chiuse. Nel 2017 era stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il naufragio della nave da crociera avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 davanti all’isola del Giglio provocando 32 vittime e centinaia di feriti.
Il tribunale di Sorveglianza di Roma sarà chiamato a decidere sulla richiesta di poter trascorrere parte del giorno fuori dal carcere “per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale“. Ad avanzare l’istanza ai giudici è stato l’avvocato Paola Astarita, difensore di Schettino. “Io mi auguro che vinca non il mio assistito ma il diritto”, ha commentato il legale. Schettino beneficia attualmente di 45 giorni all’anno di permessi ottenuti grazie alla buona condotta mantenuta nel carcere romano. L’ex comandante della Costa Concordia tre anni fa aveva ottenuto la possibilità di lavorare in carcere e gli era stato affidato il compito di contribuire alla digitalizzazione dei documenti giudiziari della strage di Ustica e della strage di via Fani a Roma con il sequestro e l’omicidio dello statista Dc Aldo Moro.
Il 12 gennaio 2013, nel naufragio di fronte all’Isola del Giglio, persero la vita 32 persone, vittime di quello che divenne il celebre “inchino” di fronte l’abitato, a ridosso della costa. La vicenda giudiziaria avvolta da grande clamore mediatico, anche all’estero, cominciò a pochi giorni dal disastro, il 16 gennaio, quando Schettino venne arrestato. Il comandante finì prima in carcere e poi ai domiciliari (confermati poi in Cassazione). Il 5 luglio dello stesso anno gli vennero revocati i domiciliari ma per lui restò l’obbligo di dimora a Meta di Sorrento. Il 20 dicembre, la chiusura dell’inchiesta: 8 gli indagati, compreso Schettino. Per lui le accuse furono di omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di persone incapaci di provvedere a se stesse, abbandono di nave e omessa comunicazione dell’incidente alle autorità marittime.
Il 22 maggio 2013 il gup rinviò a giudizio Schettino revocando l’obbligo di dimora. A luglio le prime condanne: cinque coimputati patteggiarono pene tra un anno e 6 mesi e due anni e 10 mesi. Il 15 febbraio 2015 arrivò la condanna a 16 anni, confermata poi anche dalla corte d’appello di Firenze. La sentenza divenne definitiva il 12 maggio 2017 in Cassazione. Schettino si costituì nel carcere di Rebibbia e da allora non fece più trapelare notizie, dichiarazioni o informazioni. L’ex comandante della Costa Concordia aveva chiesto la revisione del processo davanti alla Corte di giustizia europea, senza ottenerla. Poi da ultimo, la richiesta di ottenere la semilibertà. Richiesta che non è stata esente da critiche da parte dei parenti delle vittime e i sopravvissuti.
Vanessa Brolli, 27 anni, che era in vacanza sulla Costa Concordia con i fratelli, i genitori e altri parenti per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei nonni, ha dichiarato al quotidiano “Il Resto del Carlino” che ha riportato la notizia della richiesta di semilibertà: “Dispiace sapere che potrebbe tornare a casa. Schettino deve pagare per le sue colpe. A prescindere dalla decisione dei giudici siamo certi che Schettino vivrà il resto dei suoi giorni con addosso il peso di questa tragedia. Questa è la più grande pena per lui. Anche se dovesse uscire dal carcere, dovrà convivere con questa colpa per tutta la vita”.
Il padre di una delle vittime, Giovanni Girolamo – il figlio Giuseppe, che aveva appena 30 anni, era un musicista dell’orchestra della nave – ha detto in un’intervista alla Stampa: “Il mio giudizio è totalmente negativo. I giudici non dovrebbero concedere la semilibertà a Schettino. Per me è un uomo che dovrebbe stare in galera per 32 ergastoli, quante sono le vittime”.