Nel Belpaese l’età media del primo parto è salita a 33,2 anni. Tra carriera e ostacoli economici, sempre più donne posticipano la gravidanza. Quali le ragioni del fenomeno?
Nelle società contadine si diventava mamme molto giovani e si mettevano al mondo molti figli, perché servivano braccia in agricoltura. La maternità, in questa visione fungeva quasi da… ufficio di collocamento! Per fortuna la società è cambiata e la maternità non è più vista come una catena di montaggio. Le donne studiano e si laureano con esiti migliori dei maschi, quindi si mette su famiglia abbastanza tardi.
Sul sito del Ministero della Salute è stato diffuso il nuovo rapporto sulle nascite nel nostro Paese, il cosiddetto CeDAP (Certificato di Assistenza al Parto), un documento che fornisce informazioni di carattere sanitario, epidemiologico e socio-demografico attraverso la rilevazione degli eventi di nascita, di nati-mortalità e di nati affetti da malformazioni, tutti dati rilevanti ai fini della sanità pubblica. I dati sono relativi al 2023 e hanno evidenziato l’incremento delle donne che lavorano durante e dopo la gestazione e che diventano madri per la prima volta sempre più tardi rispetto al passato. L’età media delle donne italiane è di 33,2, mentre, ad esempio, le mamme straniere hanno un’età di 29,2 anni. E’ chiaro che sono mutate le prospettive sociali, con un capovolgimento della scala dei valori.
Essere madri non è una priorità. Prima viene la professione e un lavoro di livello, solo allora inizia a balenare l’idea della maternità. Con la scolarizzazione femminile in continua ascesa, è ovvio che l’età per avere il primo figlio si sia spostata in avanti rispetto al passato. Dal rapporto risulta che il 60,1% delle donne, pur con fatica, è riuscita a trovare un equilibrio tra professione e maternità.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che il 40% di coloro che diventano mamme sono disoccupate, il 24% circa è casalinga e il 14,2% in cerca di un impiego. Un divario chiaro è relativo alle visite pre parto tra italiane e straniere. Solo il 2% delle prime omette di effettuare la visita ostetrica dopo il primo trimestre, mentre le straniere raggiungono il 10,6%. Le donne, inoltre, che si sottopongono alla prima visita dopo l’undicesima settimana di gravidanza sono di giovane età e di basso livello scolastico.
Una criticità emersa, ma poco nota a causa della disinformazione, sono gli aborti spontanei. Nell’anno fatidico 2023 prima di essere madri, il 18,25% di donne lo sono diventate dopo 1 o 2 aborti spontanei e nell’1,36% più di due. Nel momento del tanto atteso e lieto evento sono le strutture pubbliche ad essere preferite dal 90,1% delle donne. Irrisoria la quota di chi sceglie di partorire in casa o in una realtà diversa da un nosocomio pubblico o in una casa di cura. Il 94,84% delle neo-mamme ha chiesto di avere accanto durante la nascita del figlio tanto desiderato, il proprio partner. Infine, negli ultimi 10 anni è aumentata del 73% la Procreazione medicalmente Assistita (PMA), una tendenza che secondo gli esperti è l’effetto dell’età avanzata in cui nasce il primo figlio, periodo in cui la fertilità cala.
Sono dati interessanti, che testimoniano uno spaccato della società contemporanea. Sarebbe opportuno che si diventasse madri in un’età più giovane, senza mettere a repentaglio la realizzazione di sé e la professione. Per attuare un progetto simile andrebbe rivisto il “welfare state”, con l’introduzione di strutture di supporto sia alla maternità che alla crescita del bambino. Ma al momento, sembra solo una vana speranza!