A Pompei una nuova “villa dei Misteri”: scoperti spettacolari affreschi “dionisiaci” [LE FOTO | VIDEO]
Sulle pareti della sala banchetti della domus, ribattezzata “casa del Tiaso”, baccanti, giovani satiri, vecchi sileni, animali e scene di caccia. Zuchtriegel: “Meravigliose pitture testimoni di una ritualità arcaica”.
A più di 100 anni dalla scoperta della villa dei Misteri, un nuovo grande affresco getta luce sui misteri di Dioniso nel mondo classico. In una grande sala per banchetti, scavata in queste settimane nell’area centrale di Pompei, nell’insula 10 della Regio IX, è emerso un fregio a dimensioni quasi reali, ovvero una “megalografia” (dal greco “dipinto grande”- ciclo di pitture a grandi figure), che gira intorno a tre lati dell’ambiente; il quarto era aperto sul giardino.
Foto: Parco Archeologico di Pompei.
Il fregio mostra il corteo di Dioniso, dio del vino: baccanti rappresentate come danzatrici, ma anche come cacciatriciferoci, con un capretto sgozzato sulle spalle o con una spada e le interiora di un animale nelle mani; giovani satiri con le orecchie appuntite che suonano il doppio flauto, mentre un altro compie un sacrificio di vino (libagione) in stile acrobatico, versando dietro le proprie spalle un getto di vino da un corno potorio (usato per bere) in una patera (coppa bassa). Al centro della composizione c’è una donna con un vecchio sileno che impugna una torcia: si tratta di una inizianda, vale a dire una donna mortale che, tramite un rituale notturno, sta per essere iniziata nei misteri di Dioniso, il dio che muore e rinasce, promettendo altrettanto ai suoi seguaci.
Un dettaglio curioso consiste nel fatto che tutte le figure del fregio sono rappresentate su piedistalli, come se fossero delle statue, mentre al tempo stesso movimenti, carnagione e vestiti le fanno apparire molto vive.
Foto: Parco Archeologico di Pompei.
Gli archeologi hanno battezzato la dimora con il fregio “casa del Tiaso”, con riferimento al corteo di Dioniso. Nell’antichità esistevano una serie di culti, tra cui quello di Dioniso, che erano accessibili solo a chi compiva un rituale di iniziazione, come suggerito nel fregio di Pompei. Tali culti si chiamavano “misterici”, perché solo gli iniziati potevano conoscerne i segreti. Spesso erano legati alla promessa di una nuova vita beata, sia in questo mondo sia in quello dell’oltretomba.
Foto: Parco Archeologico di Pompei.
Il fregio scoperto a Pompei è attribuibile al II Stile della pittura pompeiana, che risale al I sec. a.C. Più precisamente, il fregio può essere datato agli anni 40-30 a.C. Questo significa che nel momento dell’eruzione del Vesuvio, che seppellì Pompei nel 79 d.C. sotto lapilli e ceneri, il fregio dionisiaco era già vecchio di circa un secolo.
Foto: Parco Archeologico di Pompei.
L’unico altro esempio di una megalografia con rappresentazioni di simili rituali è il fregio detto “dei Misteri” nella omonima villa fuori le porte di Pompei, anche esso in II Stile pompeiano.
Il nuovo fregio trovato a Pompei, rispetto alla villa dei Misteri aggiunge un altro tema all’immaginario dei rituali iniziatici di Dioniso: la caccia, che viene evocata non solo dalle baccanti cacciatrici, ma anche da un secondo, più piccolo fregio che corre al di sopra di quello con baccanti e satiri: qui sono raffigurati animali vivi e morti, tra cui un cerbiatto e un cinghiale appena sventrato, galli, uccelli vari, ma anche pesci e molluschi.
Il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, racconta il ritrovamento
“La caccia delle baccanti di Dioniso – spiega il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, co-autore di un primo studio del nuovo rinvenimento pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei – a partire dalle ‘Baccanti’ di Euripide del 405 a.C., una delle più amate tragedie dell’antichità, diventa una metafora per una vita sfrenata, estatica, che mira a ‘qualcosa di diverso, di grande e di visibile’, come dice il coro nel testo di Euripide. La baccante esprimeva per gli antichi il lato selvaggio e indomabile della donna; la donna che abbandona i figli, la casa e la città, che esce dall’ordine maschile, per danzare libera, andare a caccia e mangiare carne cruda nelle montagne e nei boschi; insomma, l’opposto della donna ‘carina’, che emula Venere, dea dell’amore e delle nozze, la donna che si guarda nello specchio, che si ‘fa bella’.
Sia il fregio della casa del Tiaso sia quello dei Misteri mostrano la donna come sospesa, come oscillante tra questi due estremi, due modalità dell’essere femminile a quei tempi. Sono affreschi con un significato profondamente religioso, che però qui avevano la funzione di adornare spazi per banchetti e feste… un po’ come quando troviamo una copia della Creazione di Adamo di Michelangelo su una parete di un ristorante italiano a New York, per creare un po’ di atmosfera.
Dietro queste meravigliose pitture, con il loro gioco con illusione e realità, possiamo vedere i segni di una crisi religiosa che stava investendo il mondo antico, ma ci possiamo anche cogliere la grandezza di una ritualità che risale a un mondo arcaico, almeno fino al II millennio a.C., al Dioniso dei popoli micenei e cretesi, che era chiamato anche Zagreus, signore degli animali selvatici.”
Foto: Parco Archeologico di Pompei.
L’ambiente del Tiaso dionisiaco sarà visibile per il pubblico fin da subito nell’ambito delle visite al cantiere, già avviate dall’inizio dello scavo per i vari ambienti via via indagati.
Tutti i giorni dal lunedì al venerdì alle ore 11 – previa prenotazione al numero 327 2716666 – sarà possibile accedere in due gruppi da 15 persone, accompagnati dal personale di cantiere che illustrerà i principali rinvenimenti e ambienti emersi e la metodologia di scavo. Per accedere alle visite sarà necessario munirsi del regolare biglietto di ingresso al parco archeologico.