Il 21enne era nel negozio al momento della sparatoria. Ad inchiodarlo, la testimonianza dell’amica delle vittime e le immagini di una telecamera di sorveglianza.
Milano – Si concentrano su Raffaele Mascia, figlio ventunenne del panettiere, presente nel negozio in piazzale Gambara al momento della sparatoria e ora irreperibile, i sospetti degli inquirenti impegnati a risolvere l’omicidio dell’ucraino Ivan Disar, 49 anni, e il ferimento del 26enne connazionale Pavlo Kioresko. Gli agenti della Squadra mobile lo stanno cercando dalla tarda serata di sabato.
A puntare il dito su Mascia non c’è solo la testimonianza della donna moldava di 48 anni amica delle vittime. Il giovane sarebbe stato ripreso da una telecamera sul retro del negozio mentre si allontanava subito dopo la sparatoria. Con precedenti legati alla droga, Mascia ha lasciato il telefono nel retrobottega, un locale in cui a volte dormiva e dove è stata rinvenuta anche una katana.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il delitto sarebbe scaturito da una lite: Mascia avrebbe reagito ad alcune provocazioni dei due ucraini, recuperando dal retrobottega una pistola P38 con cui ha sparato, uccidendo Disar e ferendo Pavel Kioresko, attualmente ricoverato in ospedale dove è stato sottoposto a un intervento chirurgico, ma non è in pericolo di vita.
Al momento degli spari, all’interno della panetteria si trovavano cinque persone: le due vittime, la donna loro amica, il titolare dell’attività e suo figlio. Il padre del sospettato ha dichiarato agli inquirenti di trovarsi nel retro del negozio a scaldare delle pizzette quando sono stati esplosi i colpi. La 48enne moldava, inizialmente fuggita per lo spavento, si è poi presentata ai carabinieri, fornendo una descrizione dettagliata dell’aggressore. Grazie al suo racconto, gli investigatori sono riusciti a ricostruire un identikit e a identificare il possibile sospettato. “Ero appena entrata nella panetteria, poi quell’uomo ha sparato ai miei amici“, ha riferito agli agenti coordinati dal pm Carlo Parodi, sotto la direzione di Alfonso Iadevaia e Domenico Balsamo. Ora hanno in mano anche le immagini. Il cerchio intorno al presunto killer si sta stringendo.
Disar, padre di un figlio e residente a Milano, gestiva una piccola impresa, mentre Kioresko lavorava come trasportatore. Entrambi erano conosciuti nel quartiere e non avevano legami con ambienti malavitosi. Anche per questo è stato escluso il movente del regolamento di conti, preferendo pensare ad una lite improvvisa o a rancori personali.